RomaProve tecniche, ancora confuse, di autunno caldo. Si muovono in ordine sparso, i sindacati. Di fronte alla stagione renziana scelgono obiettivi diversi, battaglie e «totem» non sempre unitari contro cui battersi. Segnali di ribellione a volte spuntata, a volte affilata, che certo vanno a comprendere e interessare platee di lavoratori storicamente vicine al Pd, come avviene in questo caso con quelli del Pubblico impiego.
Il nuovo fronte di questa lotta intestina questa volta viene acceso dalla Uil. È il segretario generale aggiunto Carmelo Barbagallo - dirigente che già in occasione dell'incontro a Palazzo Chigi fu protagonista di un confronto dialettico non privo di scintille con Matteo Renzi - ad alzare i toni e a invocare una santa alleanza sindacale contro l'esecutivo, in particolare sul blocco dei contratti della Pubblica amministrazione.
«È una decisione di arrogante signoria che trasforma oltre tre milioni di cittadini in sudditi: è inaccettabile. Se il governo non modifica la legge di Stabilità, a partire dallo sblocco dei contratti, se non mantiene le tutele per tutti i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato e non le allarga a chi non ne ha, se non dà un segno chiaro nella direzione degli investimenti e dello sviluppo, noi chiederemo a Cgil e Cisl di avviare una lunga stagione di lotte unitarie che proseguirà fino a quando il governo non avrà cambiato verso» dice Barbagallo. L' «avvertimento» poi entra più nel dettaglio. «I contratti sono fermi al 2010. Ebbene, se lo Stato non rispetta gli accordi, anche noi ci sentiamo sciolti dal rispetto di quegli stessi accordi e, dunque, non terremo più conto dei limiti previsti per gli scioperi nel settore». In sostanza Barbagallo annuncia la volontà di venire meno alle procedure di raffreddamento e conciliazione relative alle prestazioni indispensabili. Una disdetta comunicata formalmente con lettera all'Aran, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale della Pa.
Ben presto arriva, però, la replica dell'Autorità di garanzia per gli scioperi. «Non rispettare l'accordo significa non rispettare gli utenti, danneggiandoli», dice il presidente Roberto Alesse. La dichiarazione del sindacato «non può essere produttiva di effetti, salvo cadere nell'illegittimità, che l'Autorità non esiterebbe a sanzionare». Inoltre, spiega Alesse, «gli accordi tra le parti non possono essere disdettati unilateralmente». I tempi di reazione degli altri sindacati non sono immediati. Poi, però, la Cisl-Funzione pubblica, con Giovanni Faverin, raccoglie parzialmente il guanto di sfida. «Già da ottobre scorso abbiamo lanciato in maniera convinta una nuova stagione di rivendicazione unitaria. La Cisl chiederà i cambiamenti necessari per correggere le carenze legate al contratto. Comunque andremo fino in fondo». La Cgil, invece, si concentra sulla manifestazione del prossimo sabato a Roma, quando due cortei confluiranno a Piazza San Giovanni per protestare contro il Jobs Act e chiedere misura più incisive per il lavoro, la sua difesa e la sua creazione. E c'è un altro fronte che si apre in una domenica calda nei rapporti tra governo e Triplice.
Il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini torna a parlare di «procedure trasparenti che permettano anche di licenziare chi non fa bene il suo lavoro tra gli insegnanti». Un affondo - inevitabilmente solo dialettico - che fa scoppiare una tempesta tra i rappresentanti del settore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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