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Il Senato affossa la legge Zan coi franchi tiratori giallorossi. Il Pd si scaglia sui renziani

Volti tirati, parole di fuoco, sospetti, accuse incrociate. È il giorno della grande sconfitta parlamentare per il centrosinistra, la sconfessione di una strategia in cui l'ideologia prevale sulla ragionevole mediazione

Il Senato affossa la legge Zan coi franchi tiratori giallorossi. Il Pd si scaglia sui renziani

Volti tirati, parole di fuoco, sospetti, accuse incrociate. È il giorno della grande sconfitta parlamentare per il centrosinistra, la sconfessione di una strategia in cui l'ideologia prevale sulla ragionevole mediazione invocata da molti e tutt'altro che impossibile da raggiungere.

La trappola su cui la (teorica) maggioranza che sostiene il Ddl Zan resta intrappolata è la «tagliola», un passaggio tecnico che se approvato spedirebbe la legge dritta su un binario morto. All'ora di pranzo la presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati, concede il voto segreto, tra le polemiche della parte giallorossa dell'emiciclo. Le proteste non fanno breccia. Il testo Zan viene impallinato dai franchi tiratori. Finisce 154 a 131 per il fronte della «tagliola». Un risultato salutato da un boato di approvazione dai banchi della Lega e di Fratelli d'Italia.

Sulla carta il centrodestra disporrebbe di 137 voti, inclusi i 7 di Coraggio Italia, iscritti nel Misto. I votanti sono 287, quindi la maggioranza sembrerebbe contare su 150 voti a favore. Nel centrodestra, peraltro, ci sono anche alcuni senatori - si calcola tra i 4 e i 5 - che per ragioni di coscienza decidono di votare a favore. Dal campo del centrosinistra quindi il drappello dei franchi tiratori che decidono di dissociarsi dalla linea intransigente dettata soprattutto da Enrico Letta è decisamente nutrito. I sospetti si appuntano soprattutto su quei parlamentari e quelle parlamentari più vicine alle posizioni del femminismo classico, così come su quelli più sensibili ai richiami cattolici, oltre ai rappresentanti di Italia viva. Tra i critici alla vigilia c'erano ad esempio Valeria Fedeli, Valeria Valente, Stefano Collina e Dario Stefàno. La senatrice Fedeli si lascia andare a uno sfogo tanto da chiedere le dimissioni di chi ha gestito la vicenda nel gruppo e in commissione Giustizia. Il responsabile Enti Locali del Pd Vincenzo Boccia prova a circoscrivere la questione alla sola Italia viva e lancia un monito sui futuri rapporti con i renziani: «Per quanto mi riguarda, Italia viva, con questa ennesima spregiudicatezza sui valori, conferma che è diventata come la Lega. Inutile aggiungere altro, non abbiamo più nulla da dirci». Replica Maria Elena Boschi: «È una sconfitta incredibile nata dall'arroganza». E Matteo Renzi, diretto verso l'Arabia Saudita, ricorda che per mesi ha chiesto di trovare un accordo per evitare di far fallire il ddl Zan, «hanno voluto lo scontro e queste sono le conseguenze. Chi polemizza sulle assenze dovrebbe fare i conti con i 40 franchi tiratori».

Nel centrodestra Lucio Malan fa notare che la débâcle del centrosinistra è figlia dell'eccessivo entusiasmo e della superbia che i ballottaggi possono aver instillato tra i leader di Pd e Cinquestelle, gli altri grandi sconfitti della giornata. Antonio De Poli ricorda che «con le sue gabbie ideologiche la sinistra ha voluto, fin dall'inizio di questo dibattito, strumentalizzare questo disegno di legge». Chi ha provato, sia pure non sedendo più in Parlamento, a portare ragionevolezza tra i giallorossi è stato Beppe Fioroni. «Ho lavorato per una vasta condivisione del ddl con l'obiettivo di arrivare a una condanna dura di ogni violenza e discriminazione omofoba senza equiparare le convinzioni di fede a una istigazione alla violenza. Ma quando la battaglia si fa con le bandierine ideologiche si fanno dei danni.

E ora il prossimo pericolo rischia di essere l'eutanasia».

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