Sensi sì, Manzione no: Boschi ridisegna il Giglio magico

La "sottosegretaria" di Palazzo Chigi vuole un fedelissimo come capo dipartimento

Sensi sì, Manzione no: Boschi ridisegna il Giglio magico

L'arrivo di Maria Elena Boschi nel prestigioso ruolo di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio non lascerà inalterato l'organigramma di Palazzo Chigi, di cui è di fatto la nuova comandante in capo (ha già emesso la circolare per farsi chiamare «Sottosegretaria», al femminile). La poltrona che in queste ore sta vibrando di più è proprio quella di un'altra renziana di ferro, l'ex «vigilessa» Antonella Manzione, che Matteo Renzi si era portato da Firenze a Palazzo Chigi per piazzarla in un ruolo fondamentale, capo del Dagl (il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della presidenza del Consiglio), l'ufficio che scrive le leggi del governo. La Manzione finora aveva fatto tandem con Luca Lotti, ufficiale di collegamento di Renzi tra partito e macchina governativa, come sottosegretario a largo Chigi. Un potere che via via, però, era stato assorbito dalla Boschi, che come ministro per i Rapporti col Parlamento è diventata durante la stagione Renzi il vero motore dell'attività governativa, oscurando il ticket Lotti-Manzione. Attivismo che ha creato delle frizioni con il fedelissimo fiorentino Lotti, ora ministro dello Sport, e un rapporto molto difficile con la Manzione. Destinato a peggiorare con Maria Elena nuova «zarina» di Palazzo Chigi.

La Boschi era già riuscita a far nominare come segretario generale di Palazzo Chigi il fidato consigliere Paolo Aquilanti (già capo di gabinetto proprio della Boschi) vincendo sulla richiesta di Lotti di promuovere in quel ruolo il vicesegretario generale (anche lui grazie a Renzi) Raffaele Tiscar, di provenienza toscana e ciellina. Ora che Renzi ha trasferito gli scatoloni a Pontassieve, i suoi protetti che non sono anche nelle grazie di Maria Elena non se la passano più benissimo.

Prima tra tutti, appunto, la Manzione, già da tempo del mirino della Boschi. Il rapporto di lavoro con Palazzo Chigi dell'ex capa dei vigili fiorentini, iniziato il 9 aprile 2014, scade - si legge nel documento sugli «incarichi amministrativi di vertice» - con la scadenza del governo. Quindi il suo posto, una poltrona chiave nella macchina di Palazzo Chigi, è pronto per essere liberato e occupato da qualcuno più gradito alla «Meb» (nomignolo della Boschi), e in tempi anche rapidi. Il «Boschi boy» in pole position per sostituire la Manzione è Cristiano Ceresani, già capo del settore legislativo nell'ex ministero della Boschi e nemico giurato della Manzione. Che però non rimarrà disoccupata. Renzi un mese fa è riuscito a piazzarla nel Consiglio di Stato, nonostante le proteste dei magistrati amministrativi sulla mancanza di requisiti della candidata del premier.

Per una renziana che fa le valigie, c'è un renziano (non sgradito alla Boschi) che resta anche se il capo è andato via: Filippo Sensi, in arte «Nomfup», portavoce dell'ex premier Renzi. Il giornalista ex Margherita è caduto in piedi.

Gentiloni ha orbitato sempre attorno a Rutelli, suo assessore al Campidoglio, e nello staff dell'ex sindaco ha mosso i primi passi appunto Sensi. Che però, all'ultima direzione Pd, accompagnava ancora Renzi (doppio ruolo?). Nuovo governo, stessi ministri, stessa Boschi. E stesso portavoce.

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