Milano«La dinamica dell'aggressione evidenza come Chiara non abbia neppure avuto il tempo di reagire, dato che pesa come un macigno sulla persona con cui era in maggiore e quotidiana intimità»: cioè su Alberto Stasi, il fidanzato della ragazza di Garlasco ammazzata nell'agosto 2007, e condannato - dopo due assoluzioni - a sedici anni di carcere per omicidio volontario. Così, nelle motivazioni depositate ieri, i giudici del nuovo processo spiegano perché hanno condannato l'ex bocconiano dagli occhi troppo chiari, e come siano riusciti a «pervenire con la dovuta necessaria certezza all'affermazione della penale responsabilità del predetto». Ma sono motivazioni che per l'ennesima volta dimostrano come la tragedia di Garlasco sia, comunque la si giri, un caso quasi inestricabile: perché se le sentenze che avevano assolto Stasi presentavano buchi e lacune, lo stesso si può dire oggi della sentenza che lo ha condannato.
A partire dalla mancanza più eclatante: gli stessi giudici che lo dichiarano colpevole, non sanno spiegarsi perché Alberto abbia ammazzato Chiara. «Il movente dell'omicidio è rimasto sconosciuto», scrivono. E se davanti a un caso con prove granitiche del movente si può fare a meno, in un processo indiziario la lacuna appare drammatica. Con la conseguenza che anche questa sentenza di condanna rischia ora di essere annullata dalla Cassazione, come lo fu il verdetto di assoluzione, precipitando definitivamente nelle nebbie la speranza di capire cosa accadde davvero quella mattina, nella cittadina deserta a ridosso di Ferragosto.
Nelle motivazioni, scritte dal presidente della corte Barbara Bellerio, una spiegazione si prova a indicarla, ma in modo assai vago: Chiara era diventata «per un motivo rimasto sconosciuto, una presenza pericolosa e scomoda, come tale da eliminare per sempre dalla sua vita di ragazzo per bene e studente modello, da tutti concordemente apprezzato». Ma come e perché un fidanzamento durato anni si fosse improvvisamente trasformato in un cappio intollerabile, non si sa. Al movente adombrato finora, la passione di Alberto per la pornografia, la Corte sembra non credere, anche se è «davvero difficile immaginare che Chiara potesse apprezzare il contenuto di alcune cartelle accuratamente nascoste e catalogate dal fidanzato». Ma non basta - e i giudici ne appaiono consapevoli - per scatenare la furia senza controllo documentata dalle terribili immagini della scena del crimine.
Così, tutto si riduce ai temi che fanno litigare da sette anni i talkshow . Le scarpe, che secondo i giudici Alberto doveva essersi intriso di sangue per forza se avesse scoperto il corpo di Chiara come racconta: ma lo stesso percorso lo fecero i carabinieri arrivati poco dopo di lui, e nemmeno loro si sporcarono le scarpe. La bicicletta da donna, che i carabinieri (nei cui confronti la sentenza ha parole di piombo) non sequestrarono, anche se rispondeva alla «macrodescrizione» fattane dai testimoni: e dalla quale Alberto avrebbe tolto i pedali imbrattati di Dna per rimontarli (chissà perché) sulla propria bici da uomo. E così l'unica differenza dal «quadro indiziario» che portò alle assoluzioni sono i piccoli passi avanti compiuti dall'indagine bis, condotta dal pg Laura Barbaini in vista del nuovo processo d'appello, che hanno ristretto ulteriormente le possibilità che Alberto non si fosse sporcato le scarpe, e che hanno trovato nuovi elementi nell'analisi dei tappetini della sua auto. Indizi, e non prove.
E così ad incastrare Alberto è, nella sentenza, la mancanza di piste alternative. «Chiara Poggi è stata uccisa da una persona conosciuta, che lei stessa ha fatto entrare in casa», e tra le persone che conosceva l'unica verso cui portano gli indizi è il fidanzato. Non si parla dell'altro sospetto, dell'altro nome che pure nelle carte compare, e su cui la Procura generale ha compiuto indagini. Il colpevole è, «oltre ogni ragionevole dubbio», Alberto.
Che però scampa all'aggravante di crudeltà, che gli avrebbe quasi raddoppiato la pena, perché il suo piano (ma allora dovrebbe esserci un'altra aggravante, la premeditazione, ndr ) era «simulare un incidente domestico», scaraventando Chiara dalle scale: e solo la «flebile reazione» della vittima innestò la mattanza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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