Cronache

Senza tutele dell'Articolo 18 lavoro più stabile e duraturo

Meno licenziati con le «tutele crescenti» di Renzi

Senza tutele dell'Articolo 18 lavoro più stabile e duraturo

Se le politiche che mirano a proteggere il mercato del lavoro finiscono per renderlo più precario (è il caso del decreto dignità che ha provocato l'espulsione di tanti dipendenti a termine), quelle che dovrebbero renderlo più flessibile sembrano stabilizzarlo.

È il caso del Jobs Act, riforma del lavoro del governo Renzi, criticata, soprattutto a sinistra, per avere di fatto cancellato l'articolo 18 e previsto un sistema di contratti a tutele crescenti che, secondo i detrattori, avrebbe rafforzato la precarietà tra i più giovani.

Uno studio intitolato «I contratti a tempo indeterminato prima e dopo il Jobs act», elaborato dall'Osservatorio statistico dei consulenti del lavoro utilizzando i microdati Cico (Campione integrato comunicazioni obbligatorie) dimostra il contrario.

A 39 mesi dall'assunzione, risulta licenziato il 21,3% dei dipendenti assunti nel 2015 con il nuovo regime a fronte del 22,6% dei neoassunti con contratto tradizionale nel 2014. Quindi a minori tutele legali è corrisposta maggiore stabilità.

Il contratto a tutele crescenti, inoltre, «sopravvive» di più rispetto a quello tradizionale: sempre a 39 mesi dall'assunzione, il 39,3% dei contratti stipulati nel 2015 continuano ad essere attivi contro il 33,4% di quelli sottoscritti in regime di articolo 18, sottolineano i consulenti.

Lo studio dei consulenti del lavoro va più a fondo e sonda le motivazioni dei licenziamenti. Quelli per motivo economico «restano la principale causa di recesso»: a 39 mesi dall'assunzione risulta licenziato per tale motivo il 18,5% dei neoassunti con contratto a tutele crescenti». Anche in questo caso il nuovo contratto vince in stabilità rispetto a quello tutelato dallo Statuto del 1970: il 20,6% degli assunti con contratto a tempo indeterminato tradizionale è stato licenziato per motivi economici.

Pochissimi i licenziati per giusta causa o giustificato motivo: 2,8%. In questo caso le tutele tradizionali funzionano, visto che la percentuale dei licenziamenti disciplinari con contratto tradizionale si ferma al 2,1%. Differenza e cifre comunque minime.

Dopo la riforma Renzi, i successivi governi hanno cambiato direzione. Il decreto dignità del governo Conte II, ad esempio, ha reso più onerosi i contratti a termine rinnovati. L'effetto è stato il mancato rinnovo dei contratti.

Più turn over, ma meno stabilità.

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