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Il sequestro, le prove, la strage I misteri del tir partito da Torino

Il mezzo venerdì era partito dall'Italia, poi 4 ore di silenzio del gps: il terrorista lo ha dirottato senza saperlo guidare

Il sequestro, le prove, la strage I misteri del tir partito da Torino

Era partito dall'Italia il tir Scania R450 con targa polacca GDA08J5 che ieri sera ha ucciso dodici persone nel mercatino natalizio di Breischeidplatz, nel cuore della Berlino che un tempo si definiva Ovest, vicino al «rossetto» e al «portacipria», i due edifici attorno alla Gedächtniskirche così ribattezzati dal proverbiale umorismo dei berlinesi. Ma qui, da ridere, c'è poco.

In quei tre giorni il bestione da 44 tonnellate (da scarico) ha attraversato mezza Europa in un percorso che il Gps dello Scania ha parzialmente ricostruito. Tre giorni in cui il destino si è anche fatto beffe dell'autista, come vedremo.

Lo Scania della ditta di trasporti Ariel Zurawski con sede a Gryfino, nel voivodato della Pomerania Occidentale, ai confini con la Germania, è a Torino venerdì 16. Alla guida c'è il 37enne Lukasz Urban, cugino del titolare dell'azienda Ariel Zurawski, un guidatore esperto e tranquillo. Da lì Urban si sposta a Cinisello Balsamo, a pochi chilometri da Milano dove aggiunge al suo carico altri laminati di acciaio da portare a Berlino (la Procura di Milano ha aperto un fascicolo sulle ore italiane del tir). Il tir passa attorno alle 18 la frontiera del Brennero e da quel momento inizia il lento viaggio di avvicinamento alla capitale tedesca. Urban non ha fretta, la consegna è prevista per martedì mattina, cioè per ieri.

Il percorso dall'Austria a Berlino fila tranquillo. Per quattro volte il Gps perde il segnale ma non c'è nulla di preoccupante. Urban e il suo fedele bestione a dieci ruote arrivano a Berlino con grande anticipo. Lunedì mattina l'autista prova a consegnare il suo carico alla sede berlinese della ThyssenKrupp, al numero 16 della Friedrich-Krause-Ufer, tra i quartieri di Sprengelkiez e Moabit, nella periferia nord-occidentale della città del muro. Ma i tedeschi, da veri tedeschi, rispondono picche: «La consegna è schedulata per martedì e non possiamo prendere il carico in anticipo». Urban parcheggia il tir con il suo carico lì vicino e, alle 12, sente il cugino e datore di lavoro: «Mi ha detto che il quartiere dove si trovava gli sembrava strano», dirà Zulawski.

Quello che accade poi è un film concitato. A un certo punto Urban si vede derubare del tir. Alle 15,19 e alle 15,44 il Gps registra due tentativi di accensione del mezzo. Probabilmente lo Scania è già nelle mani dell'attentatore, che non sa da che parte incominciare per farsi obbedire da quel bestione. Forse Urban è già stato ucciso, visto che altrimenti l'assalitore avrebbe potuto farsi aiutare da lui sotto la minaccia dell'arma a far partire il motore. Poi un nuovo tentativo alle 16,52 e il motore si avvia e resta acceso fino alle 17,37 senza che il tir si muova. Un comportamento strano secondo il dirigente dell'«Ariel Trasportowe» Lukasz Wasik, visto che non c'è bisogno di accendere il tir per riscaldare la cabina («gli autisti usano altri mezzi»). Poi nuovi tentativi. Finché alle 19,34 lo Scania R450 inizia a muoversi, in direzione del centro di Berlino.

Pochi chilometri, tre o quattro in tutto, che il tir impiega quasi quaranta minuti a percorrere perché, come risulta dal Gps, pare guidato da mano inesperta. Chi lo sa portare è già morto, con tre colpi di pistola alla testa, riverso sul sedile del passeggero. Il destino è scritto, appuntamento ore 20,15, Breitscheidplatz.

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