Sfida in tv tra Labour e Tory: bene Corbyn, la May tentenna

Il leader di sinistra continua a risalire nei sondaggi. La premier non convince. Ma ha un margine di 12 punti

Sfida in tv tra Labour e Tory: bene Corbyn, la May tentenna

Londra - A una settimana dalle elezioni si fa sempre più sottile il divario tra laburisti e conservatori. E i dibattiti televisivi, seppure a distanza, mostrano una May in forte difficoltà in contrapposizione con un Corbyn disinvolto e rassicurante. Una realtà che nei sondaggi si traduce in consensi in caduta libera per i Tories mentre continuano a salire quelli del Labour. Punto più punto meno, ora tutti gli istituti di ricerca mostrano che la distanza tra i due partiti è di 12 punti, non così risicata da impensierire la maggioranza attuale ma abbastanza da farla riflettere sulle proposte avanzate in campagna elettorale.

Perché è vero che, indirettamente, l'attentato di Manchester ha penalizzato i Conservatori, ma la discesa è iniziata prima, subito dopo la presentazione dei manifesti elettorali. Alla gente non è piaciuta per nulla la controversa proposta di finanziamento dell'assistenza sociale della May, mentre ha riscontrato un alto indice di gradimento il proposito di aumentare le tasse per i più ricchi voluto da Corbyn. E poi c'è la questione dei dibattiti in televisione. Probabilmente Theresa May è partita già svantaggiata dopo aver rifiutato un faccia a faccia diretto con i suoi avversari. Così i due leader si sono trovati da soli ad affrontare la «griglia» televisiva di Jeremy Paxman, noto per le sue domande taglienti. Il conduttore non è però riuscito a mettere troppo in difficoltà Corbyn. Di fronte alle domande sulla sicurezza e sulle sue idee personali nei confronti di gruppi come l'Ira, Jeremy ha usato risposte preparate e pause vincenti. E su argomenti critici come l'utilizzo dei droni contro i terroristi ha optato per risposte aperte come «dovrei capire quali sono le circostanze» che hanno stoppato l'intervistatore. Sul tetto per i migranti ha ribadito di non volerne fare un obiettivo primario e quando il giornalista gli ha chiesto perché nel manifesto non era presente l'abolizione della monarchia, ha risposto sorridente: «perché non abbiamo intenzione di abolirla».

Diversamente sono andate le cose per la May, messa in forte difficoltà sulla riforma dell'assistenza sanitaria e sui nuovi tagli che si abbatterebbero soprattutto sui pensionati. Il Primo ministro è apparso per tutto il tempo come qualcuno messo alle strette, in dovere di giustificare ogni decisione. Paxman ha colpito duro su Brexit chiedendole se aveva cambiato idea essendosi sempre battuta per rimanere in Europa. «Se fossi seduto davanti a lei a Bruxelles - le ha detto il giornalista penserei che è un pallone gonfiato destinato a collassare al primo scontro». «Ho assunto la posizione che può trasformare Brexit in un successo», ha replicato la May senza convincere.

Sull'immigrazione ha dovuto difendere i continui fallimenti del governo precedente nel tentativo di ridurre il numero degli immigrati portandoli sotto i 100mila. «Su questo problema stiamo facendo un lavoro continuo - ha spiegato - non esiste una singola misura per cambiare i numeri, bisogna continuare a lavorare».

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