«L'idea è carina, ma io sono per la vita vissuta». Così Alberto Ottolini, direttore dell'unità operativa di neuropsichiatria infantile all'ospedale Fatebenefratelli-Sacco di Milano, commenta il debutto televisivo di Jula, il pupazzo autistico dello staff del Muppets show.
Ottolini, non crede che affrontare il tema dell'autismo in uno show per bambini sia utile ad abbattere i pregiudizi?
«È utile, certo. Ma ai genitori prima che ai bambini. Servirà a farli sentire accettati socialmente nella vita comune».
Ai bambini invece non basta un pupazzo?
«Meglio un girotondo con i compagni nel cortile della scuola materna. Credo più nelle esperienze reali. I bambini sono molto più immediati e senza filtri. Detto questo, ben venga anche un show».
Il nuovo Muppet susciterà delle curiosità tra i bambini.
«Di sicuro. E per questo è bene che ci siamo anche i genitori a guardare la tv assieme a loro, pronti a rispondere alle domande. I bambini hanno un'attitudine positiva nei confronti della disabilità solo là dove anche i genitori ce l'hanno. Io sono dell'idea che la tv vada sempre condivisa e commentata».
Non è semplice rappresentare la disabilità con un pupazzo.
«Credo infatti che la rappresentazione dell'autismo sarà parziale, ovviamente semplificata e a tinte positive. Purtroppo i bambini autistici mettono spesso alla prova, sia gli altri bambini sia gli insegnanti. La realtà è più difficile».
Però anche un cartone può aiutare l'integrazione, no?
«Sì, soprattutto negli Stati Uniti dove l'inserimento dei bambini autistici non funziona bene come da noi».
Qui invece la scuola funziona?
«La diagnosi di autismo ora avviene sempre prima, quindi già dalla scuola materna c'è una rete di assistenza con insegnanti di affiancamento e sostegno. È importante che l'integrazione avvenga già in questa fascia d'età. È il momento in cui i bambini non hanno sovrastrutture culturali che portano alla discriminazione».
Quindi in Italia ci sono meno tabù sul concetto di diverso?
«In America serve uno show televisivo per scalfirli. Invece da noi i bambini disabili si confrontano già con gli altri nella vita di tutti i giorni».
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