Si è già aperta la caccia al segretario della Ditta. Ecco chi lavora per rispedire Enrico a Parigi

Franceschini gioca il ruolo di grande elettore e tratta con gli ex renziani. Le ambizioni del "sudista" Provenzano e l'eterna ricerca di una leader donna

Si è già aperta la caccia al segretario della Ditta. Ecco chi lavora per rispedire Enrico a Parigi

Enrico Letta gioca tutte le carte a disposizione per restare alla guida del Pd dopo il 25 settembre. Il segretario dei democratici vuole a tutti i costi rinviare il rientro a Parigi. I sondaggi continuano ad andare male. Gli avversari interni scaldano i motori. Letta, intanto, fissa la soglia di salvataggio: il 22,7 per cento raccolto dal Pd alle ultime elezioni europee sotto la gestione Zingaretti. Se va sotto, fa sapere di essere pronto alle dimissioni. Ma l'obiettivo è un altro: Pd primo partito per voti ed eletti. Una mossa che gli consentirebbe di avere, qualora il centrodestra non avesse la maggioranza netta nei due rami del Parlamenti, la regia nelle consultazioni per la formazione del governo. Deve evitare però un altro scenario. Da brividi: sfiorare il 18% raccolto da Matteo Renzi alle ultime Politiche. Il tracollo. E dunque al Nazareno già si pensa al dopo.

I big si sono defilati dalla campagna elettorale: Graziano Delrio e Lorenzo Guerini, i due capi della corrente Base riformista, stanno già organizzando il fronte pro Bonaccini. Il presidente dell'Emilia-Romagna fa sapere di non essere interessato alla segreteria. Ma in fondo ci spera. I sindaci dem, da Dario Nardella ad Antonio Decaro, stanno conducendo una campagna elettorale dal profilo basso. Il ministro del Lavoro Andrea Orlando sembra più interessato a scegliere il candidato da contrapporre a Bonaccini al congresso che alla competizione elettorale del 25 settembre. Però ancora una volta il king maker delle primarie Pd sarà Dario Franceschini. Il ministro della Cultura parte da due certezze: il benservito a Letta dopo il 25 settembre e la riapertura del dialogo con i Cinque stelle. Letta prova a boicottare tutte le trattative con Giuseppe Conte: «La rottura con i Cinque stelle penalizza e danneggia chi non ha mantenuto la parola data. La politica è soprattutto rispettare la parola data». E continua a rifilare bordate a Calenda: «Fa quello che crede, ovviamente. Mi sembra che sia chiaro ormai. Il terzo polo guarda a destra. Questa è la conferma di quello che diciamo, e cioè che chi vuole battere la destra ha un solo voto utile, quello per il centrosinistra. Tutti gli altri sono voti che in un modo o nell'altro aiutano le destre». Franceschini ha il pallino in mano. Sta giocando l'ennesima partita politica della sua interminabile carriera.

Per il dopo Letta nel Pd le strade sono due: la virata a sinistra con un segretario filo grillino o la scelta di un profilo moderato che proverà a riprendere per mano l'alleanza con Carlo Calenda e Matteo Renzi. I profili sono due: Stefano Bonaccini e Peppe Provenzano. Il governatore dell'Emilia-Romagna non ha alcuna pregiudiziale su un ritorno al patto giallorosso con Giuseppe Conte. Lui no. La base che lo sostiene sì. Chiede una rottura netta con il passato. È qui che stanno giocando un ruolo importante Franceschini e Francesco Boccia. I due esponenti del Pd vorrebbero Bonaccini alla guida del Pd con un campo largo con i Cinque stelle, senza chiudere la porta al terzo polo. L'altra carta è Provenzano: profilo di sinistra che vorrebbe spostare l'asse del Pd verso Conte e Fratoianni e spingere Calenda e Renzi tra le braccia di Meloni e Salvini. Provenzano ha in mente un progetto a lungo termine: cinque anni di opposizione per provare a vincere le prossime elezioni nel 2027. Tra i due blocchi ci sono altre ipotesi. Una donna: Anna Ascani, Marianna Madia, Debora Serracchiani. Nomi di bandiera. L'unica che avrebbe qualche chance è la vicepresidente della giunta regionale dell'Emilia-Romagna Elly Schlein. La sorpresa potrebbe essere Beppe Sala: il sindaco di Milano sarebbe richiamato a gran voce a ricostruire il Pd dopo la disfatta elettorale.

C'è poi

l'ipotesi, sempre attuale, della reggenza fino al congresso da tenersi dopo le regionali nel Lazio. Per la poltrone di reggente c'è un solo nome: Dario Franceschini. Il ministro è pronto. I colleghi di partito un po' meno.

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