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Si infiamma la piazza No Tap. Bruciano le bandiere grilline

In Puglia militanti e sindaci accusano il Movimento: ci avete presi in giro, siete amici delle lobby, dimettetevi

Si infiamma la piazza No Tap. Bruciano le bandiere grilline

Lo scirocco salentino picchia forte e fa ondeggiare paurosamente gli ulivi a ridosso di questa striscia di Adriatico minacciata dal gasdotto. Ma la rabbia del popolo pentastellato che sperava in una retromarcia del governo come da promesse di campagna elettorale è ben radicata dalle parti di San Foca, marina di Melendugno, meno di diecimila abitanti, una ventina di chilometri da Lecce: in questo fazzoletto di terra troverà posto l'approdo del Tap, qui c'è il cuore di una protesta esplosa ieri mattina dopo giorni scanditi rassicurazioni e giustificazioni, silenzi e mezze verità. Adesso, dopo il via libera del governo all'infrastruttura progettata per traghettare in Europa il gas dall'Azerbaijan, i delusi del M5s scendono per strada e danno fuoco non soltanto alle bandiere bianche con il logo dei Cinque stelle ma anche ai manifesti con i volti dei parlamentari eletti nel Salento. «Ci hanno traditi», è il ritornello che si leva in una giornata ventosa e nuvolosa che segna una frattura profonda nel monolite grillino che da queste parti alle ultime politiche ha fatto il pieno di voti sfiorando il 63 per cento dei consensi.

In cinquecento raggiungono la torre del lungomare di San Foca, poco distante dal punto di approdo del gasdotto che verrà. Ci sono giovani, anziani, famiglie con bambini; ci sono soprattutto quelli che hanno creduto alla campagna elettorale pentastellata concentrata sull'opposizione al Tap. «Ci hanno presi in giro», ripetono a San Foca dove si accavallano gli slogan contro i parlamentari grillini e il ministro per il Sud Barbara Lezzi, leccese e quindi ritenuta maggiormente colpevole: i loro volti sono sui manifesti dati alle fiamme insieme alle bandiere. Ma nel mirino ci sono anche Di Maio e le sue parole su una presunta penale di quasi venti miliardi di euro in caso di annullamento dell'opera. «Non ci sono alternative, al Movimento non hanno mai fatto leggere le carte», ha sostenuto il vicepremier aggrappandosi a un scaricabarile politico che qui in Puglia non convince nessuno. Al contrario, le affermazioni del ministro per lo Sviluppo economico, che è anche capo politico del M5s, suonano come una beffa tra le frange che da sempre si oppongono al gasdotto. «Sono basito e ritengo non tollerabile - dice il leader dei No Tap Gianluca Maggiore - che in una democrazia il presidente del Consiglio dichiari pubblicamente il falso sui costi di rinuncia all'opera». «Questo governo - aggiunge - vuole favorire la gigantesca lobby transazionale che sta dietro a Tap e per questo incontrerà una durissima opposizione da parte delle comunità locali sia nelle piazze che nelle sedi istituzionali».

Sul lungomare di San Foca c'è una decina di sindaci della zona. Tra loro anche quello di Melendugno, Marco Potì, che ha portato a Palazzo Chigi nuovi documenti sperando di bloccare il gasdotto in extremis: così non è stato, ma il primo cittadino non si arrende. «La nostra battaglia non è persa visto che ci sono ancora vari procedimenti pendenti sia in sede di giustizia amministrativa che penale. Quest'opera è considerata da tutti, esperti, professori universitari, uno stupro al territorio ed è per questo che siamo ancora in piazza».

In realtà l'unico spiraglio per chi si oppone all'infrastruttura è quello giudiziario.

Il 18 novembre dovrà essere consegnata la perizia disposta dalla procura di Lecce nell'ambito di un'inchiesta avviata per verificare il rispetto dei limiti fissati dalla direttiva Seveso con riferimento al rischio di incidenti rilevanti; nello stesso tempo è sempre pendente l'istanza di sequestro dell'area del microtunnel avanzata da tre parlamentari grillini.

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