
Nell'universo di regole scritte e orali che scandiscono la vita carceraria il grande assente è a volte il buon senso: la polverina magica che assegna alla norma una sua utilità pratica, separando le sacrosante esigenze di sicurezza dall'accanimento ottuso. Che ai detenuti al 41 bis siano vietati i contatti fisici durante i colloqui è inevitabile, perché la storia criminale è piena di pizzini scambiati in un abbraccio e di ordini trasmessi con un bacio. Che un difensore possa essere sanzionato, con un esposto della polizia penitenziaria all'Ordine degli avvocati, per avere salutato con affetto il suo cliente Alfredo Cospito, recluso nel reparto di massima sicurezza di Sassari, appartiene invece al regno dell'insensato.
Di Cospito tutto si sa, proprio per la battaglia che ha combattuto contro il 41 bis: un lungo sciopero della fame che rischiava di mandarlo al Creatore, e rimasto senza risultati concreti. Alla fine l'anarco-insurrezionalista ha deciso saggiamente che era meglio restare vivo, e ha ripreso a mangiare. L'applicazione nei suoi confronti del più duro dei regimi carcerari possibili è stata confermata da tribunali e Cassazione, e reiterata dal ministro della Giustizia: più per i suoi proclami, per i suoi ripetuti appelli alla violenza rivoluzionaria, che per una effettiva loro pericolosità. Il 41bis è tagliato su misura per le organizzazioni mafiose, che sono purtroppo vive e vegete, e con le quali ai boss irriducibili va impedito di comunicare. Ma di insorti alla Ravachol pronti a mettere mano alla dinamite su input di Cospito non se ne vedono molti in giro.
E in ogni caso pensare che un avvocato serio come Flavio Rossi Albertini si sarebbe prestato a girare a qualche epigono un ordine o anche solo un messaggio di Cospito è una mancanza di rispetto verso il mestiere di avvocato. Cui Rossi Albertini ha fatto bene a rispondere "lo saluterò sempre con affetto in quanto non intendo rendermi complice della sua deumanizzazione, delle politiche di annientamento del detenuto".