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"Fu l'unico a sostenere il regime". Quel sospetto su Conte

L'ex ministro degli Esteri: "Il governo Conte non riconobbe Guaidò e difese Maduro. Sul caso un silenzio scandaloso"

"Si spiega perché l'ex premier fu l'unico a sostenere il regime"

Silenzio. Solo silenzio. «E questo è scandaloso - afferma Giulio Terzi di Sant'Agata, a lungo ambasciatore e ministro degli Esteri nel governo Monti - parliamo di Hugo Carvajal, il capo dell'intelligence venezuelana che sta vuotando il sacco con la magistratura spagnola»

Carvajal parla di finanziamenti ai 5 Stelle italiani. La sorprende?

«Per niente, c'erano già state l'anno scorso alcune rivelazioni, affogate nel solito scetticismo italiano. O meglio, se si ragiona sui famosi 49 milioni della Lega, allora si scatenano giornali e tv. Se i più alti agenti del regime di Chavez e Maduro raccontano di valigette colme di dollari consegnate ai discepoli di Grillo e Casaleggio, i quotidiani ignorano la notizia. Come se non ci fosse. Ma ci sono altri elementi su cui riflettere».

Ci potrebbe essere stata un'influenza sulla linea politica del Movimento?

«È la questione chiave. E si possono elencare i fatti: Maduro aveva truccato i dati delle ultime elezioni. In quella occasione tutti i Paesi dell'Unione europea si schierarono con il capo dell'opposizione Guaidó, presidente dell'Assemblea Nazionale. Secondo la Costituzione sarebbe toccato a lui l'interim della Presidenza».

L'Italia?

«È incredibile, ma il governo Conte sostenne senza se e senza ma quel regime dispotico e corrotto che ha fatto sprofondare la popolazione in una miseria senza fine. All'inizio del 2019 l'Italia a 5 Stelle ha fatto da stampella a quel governo e ora, combinazione, arrivano i racconti di Carvajal. Certo, aspettiamo riscontri precisi, ma non si possono non notare le coincidenze».

I 5 Stelle hanno sempre avuto una politica estera sui generis.

«Hanno privilegiato Maduro e con lui i suoi alleati: hanno difeso l'indifendibile Iran, spacciando per moderati leader sanguinari di Teheran».

La Cina?

«Neanche a parlarne. La Via della seta ha messo in crisi le nostre relazioni con l'alleato americano che ci ha rimproverato per la disinvoltura e la temerarietà con cui abbiamo virtualmente aperto le porte di casa ai cinesi, alle loro tecnologie, alla loro penetrazione nel nostro Paese, con la possibilità di acquisire un patrimonio sterminato di dati».

Di Maio pare aver cambiato linea.

«Sì e questo è positivo, ma ci siamo sbilanciati a favore di Pechino con Grillo, Conte, Di Battista, Di Stefano. E non è pensabile che i porti italiani siano gestiti da società di Pechino che ospiterebbero navi civili e militari di quel Paese».

Insomma, è in gioco la sicurezza dell'Italia?

«Certo, ci sono implicazioni delicatissime di cui pochi sembrano avere consapevolezza. I 5 Stelle hanno sempre privilegiato l'asse Pechino-Teheran-Caracas. E questo è ancora più grave perché offende la folta componente di matrice italiana che un tempo era in parte vicina a Chavez ma oggi è ridotta in condizioni inimmaginabili».

Fra l'altro alcuni esponenti della nomenklatura di Caracas hanno fatto affari in Italia. Un caso?

«Era in Italia l'imprenditore Alex Saab che poi, dopo diversi passaggi, è stato estradato negli Usa e sta collaborando. Credo sia ancora in Italia Ramirez, un tempo potente capo dell'ente petrolifero, scappato a quanto sembra con un ricco bottino. Tutti questi signori avevano evidentemente una certa familiarità con il nostro Paese.

Ma appena sollevi il tema ti danno del fascista».

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