Si toglie la vita davanti ai compagni lanciandosi nella tromba delle scale

In un biglietto, trovato sotto il banco, il progetto di farla finita

Tiziana Paolocci

Ha detto «ciao a tutti» ed è volato giù. Stefano, 13 anni, un adolescente come tanti, amato a scuola e apparentemente sereno, si è tolto la vita ieri mattina davanti ai suoi compagni, lanciandosi nella tromba delle scale dell'Istituto paritario religioso Santa Maria, in viale Manzoni a Roma.

Il ragazzo, che frequentava la terza media, ha atteso l'ora di ricreazione per andarsene, spiegando il suo triste disegno in un bigliettino, trovato qualche minuto dopo la sua morte in classe, proprio sotto il suo banco.

Sul caso indagano i carabinieri della stazione piazza Dante, che hanno ascoltato in queste ore diversi testimoni. Stefano, figlio di due funzionari del Senato, un fratello più grande di 16 anni e uno più piccolo di 6, ieri mattina era entrato a scuola come sempre. Nessuno dei suoi amici aveva notato un comportamento diverso dal solito, anche se qualcuno più tardi ha raccontato che l'adolescente ultimamente lamentava dissapori con i genitori. Ma si sa, a quell'età le liti e gli scontri in famiglia sono pane quotidiano. Anche l'andamento scolastico era buono.

Quando alla terza ora è suonata la campanella, i ragazzi delle medie sono usciti per la ricreazione. Stefano, a un certo punto, si è allontanato dagli altri, che si trovavano già al primo piano, ed è salito al secondo. Poi si è lanciato nella tromba delle scale, piombando di sotto. «Qualcuno ha detto che ha avvicinato una sedia alla balaustra e salutato i compagnetti prima di buttarsi - racconta disperato il padre di un'alunna all'uscita di scuola -. Mia figlia lo conosceva, era eccezionale, non solo a scuola. Faceva karate, quindi tosto come bambino. Era solare, parlava con tutti. Anche i genitori erano brave persone».

Qualcuno ha sentito il rumore, altri lo hanno visto volare giù. Immediatamente i dirigenti scolastici e i professori hanno chiamato l'ambulanza, che lo ha trasportato all'ospedale San Giovanni. Ma Stefano è morto poco dopo il ricovero. Stando ad alcune testimonianze pare che la vittima, dietro quel volto allegro, celasse disagi interiori non riconducibili a questioni maturate in ambito familiare o scolastico e neppure a casi di bullismo. In quel biglietto lasciato spiega la sua volontà di suicidarsi.

«Gli volevamo bene - piange un'amichetta - era conosciuto da tutti». Davanti all'Istituto nessuno riesce a trattenere le lacrime, nemmeno i genitori, che dopo aver saputo della tragedia sono tornati a scuola a riprendere i figli. La Procura di Roma ha aperto un fascicolo e procede per istigazione al suicidio.

Ma questa ipotesi di reato rappresenta solo una sorta di «atto tecnico», per consentire al pm di svolgere accertamenti a più ampio raggio. Anche la ministra Valeria Fedeli ha chiesto una relazione all'Ufficio scolastico regionale capire cosa possa aver spinto Stefano a rinunciare alla vita.

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