"Siamo esausti, carico insostenibile. A Milano pratiche decuplicate"

L'allarme dalla Corte d'appello: "Con quattro gradi di giudizio i tempi si allungano notevolmente. E pagano i contribuenti"

"Siamo esausti, carico insostenibile. A Milano pratiche decuplicate"

Milano - Una situazione drammatica. Anzi: «Un momento difficile», dice Maria Rosaria Sodano, giudice alla corte d'appello di Milano. Formatrice della Scuola superiore della magistratura sulla protezione internazionale non incarta i concetti dentro frasi diplomatiche: «Ci sono colleghi esausti, il carico di lavoro portato dai migranti è insostenibile. Particolarmente alla quinta sezione civile, l'epicentro di questa emergenza».

Troppi ricorsi?

«Sappiamo che i ricorsi arrivati alla corte d'appello al 31 dicembre scorso erano 1184. Ma purtroppo superato dagli avvenimenti».

Oggi sono ancora di piu?

«C' è una crescita esponenziale. I colleghi della quinta sezione mi dicono che le pratiche in questi primi mesi del 2017 sono decuplicate. È una valanga che ci viene addosso e colpisce in particolare la quinta sezione civile che si salva solo grazie ai giudici ausiliari, avvocati utilizzati come giudici perché i togati da soli non ce la possono fare».

Quanti sono i magistrati che seguono i migranti?

«Alla quinta sezione civile tutti e sette gli ausiliari a tempo pieno. E poi i sei togati, part time».

Che vuol dire part time?

«Quei sei poveracci devono continuare ad occuparsi delle loro materie originarie: adozioni, separazioni, divorzi, penale minorile. Un mare magnum senza orizzonte, anche non considerando i richiedenti asilo».

Le altre sezioni?

«Il problema sta dilagando. E allora si è presa una decisione drastica: il collega più giovane di ciascuna sezione è stato dirottato verso questi lidi. Ogni lunedi si riuniscono i collegi straordinari: molti tengono duro e si dividono fra brevetti o fallimenti e migranti. Ma siamo al limite».

Ma l'incremento dei ricorsi dipende solo dal boom degli sbarchi?

«Questa è ovviamente la causa principale ma ce ne sono almeno altre due. La Cassazione si è arrovellata a lungo sul tema appello sì, appello no per i richiedenti asilo».

Alla fine è prevalsa la linea ultragarantista?

«Certo. La Commissione territoriale e il tribunale non bastavano. Cosi è stato sdoganato pure l'appello. Attenzione: appello con rito ordinario, dunque con i tempi che si allungano a un anno un anno e mezzo; e poi c'è sempre la possibilità di ricorrere in Cassazione. Quattro gradi di giudizio che oltretutto, ed eccoci al secondo punto, non costano nulla perché tutti i ricorsi passano per il gratuito patrocinio»

Paga il contribuente?

«Esatto. Paghiamo tutti noi. E c'è un altro problema da non sottovalutare, da ex pm sono molto preoccupata. In primo grado, quindi in tribunale, è richiesto un parere del pm che deve dire se il tizio richiedente asilo abbia pendenze giudiziarie in giro per il mondo».

Il passaggio non funziona?

«Io so che in alcune città questo lavoro delicatissimo, di ricerca sulle banche dati internazionali, viene fatto poco e male. Quindi rischiamo di aprire la porta a terroristi e criminali».

Il decreto Minniti migliorerà la situazione?

«Il decreto non ancora convertito in legge abolisce l'appello, istituisce sezioni specializzate, rivede il filtro delle procure».

Insomma, un passo in avanti importante?

«Speriamo di si. Questo sistema non può durare. La corte d'appello di Milano, che aveva abbattuto i tempi delle decisioni, ora deve tamponare questa falla.

E ridistribuire le forze: cosi la prima sezione non può pensare solo a brevetti, Consob, Banca d' Italia o tribunale delle imprese e la quarta sezione, la mia, non può dedicarsi solo ai fallimenti. Ma cosi un impegno certosino di anni rischia di essere vanificato».

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