
L'asta di Alfano per le regionali in Sicilia premia, per ora, il rilancio del Partito democratico sulla legge elettorale: la trattativa tra centristi e democratici segna un passo in avanti. Angelino Alfano è pronto a cedere alle avances di Matteo Renzi e stringere un patto con il Pd per le Regionali del 5 novembre. L'accordo è il risultato del via libera del segretario dem all'ingresso di Ap in colazione al Senato alle prossime elezioni politiche. Un mossa che libererebbe Alfano dell'incubo della soglia di sbarramento che in questo modo passerebbe dall'8% (senza coalizione) al 3% (in coalizione). È lo schema su cui ha lavorato nei giorni scorsi il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio per trovare un accordo. In cambio, il ministro degli Esteri accetterebbe, senza battere ciglio, i diktat del Pd per le regionali in Sicilia.
Renzi, pubblicamente, ha derubricato le elezioni a test locale ma nel frattempo ha incaricato il ministro Delrio di chiudere la partita con Ap. Il leader del Pd sa bene come un'altra (dopo le amministrative) e probabile batosta elettorale possa far vacillare la poltrona di segretario. D'altronde, Alfano ha giocato su due tavoli, cambiando richieste e condizioni in base agli interlocutori. A Forza Italia, il leader di Ap ha chiesto un riconoscimento politico nazionale nel centrodestra. La linea politica di Forza Italia l'ha indicata Silvio Berlusconi: «Con Ap è possibile un'alleanza solo a livello locale». Il Cavaliere, se da un lato ha aperto all'ipotesi di un centrodestra unito e allargato fino ad Ap per le regionali siciliane, dall'altro, ha chiuso la porta agli alfaniani per un accordo politico su scala nazionale. E, infatti, sul nome del ministro degli Esteri la posizione della Lega Nord non è cambiata. Ieri, in un'intervista al Corriere della Sera, Matteo Salvini è stato chiaro: «Berlusconi deve scegliere: o me o Alfano. Io sono disponibile ad appoggiare il candidato della Meloni, Nello Musumeci. A un patto: che non ci sia il ritorno dei morti viventi».
Chi, invece, non ha rinunciato all'ipotesi di un accordo tra Ap e Forza Italia in Sicilia è Gianfranco Miccichè, leader nell'isola degli azzurri. Miccichè ha frenato sulla candidatura di Nello Musumeci, appoggiato da Fratelli di Italia, Lega Nord ed Energie per l'Italia, e si sta concentrando su due fronti per riportare il centrodestra alla guida della Regione: coalizione larga e profilo civico. Due fronti legati tra loro: il leader di Forza Italia è convinto di poter convincere Alfano puntando su un nome della società civile. Tre le opzioni in campo: Roberto Lagalla, Giovanni La Via e Gianpiero D'Alia.
Una linea condivisa anche dell'ex ministro della Difesa Mario Mauro: «Il centrodestra unito, in più di vent'anni a livello nazionale e a livello siciliano, ha dato prova di buon governo. Ora l'unità e il successo dei moderati vengono messi in discussione dagli intollerabili aut aut dei leghisti e degli ex An».
Per il senatore di Forza Italia «l'auspicio è che, in tempi rapidi, si trovi la coesione necessaria nel centrodestra per garantire alla Sicilia e ai siciliani un governo regionale che inauguri una nuova stagione di crescita e di benessere dell'isola». Quella siciliana resta una partita a scacchi tra mosse inattese e rilanci. Al momento, le quotazioni di un'intesa Pd-Ap sono in risalita, ma il colpo di scena appare dietro l'angolo.
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