Oggi vede Pisapia, che gli ha già mandato a dire: «Non ci sarà un passo verso il Pd». Bersaniani e post-vendoliani di Mdp hanno troppo da fare con le loro assemblee e lo hanno rinviato a un'imprecisata «prossima settimana». «Nì» gli hanno detto Radicali e i Verdi (visti ieri); «sì» solo il renzianissimo Psi di Nencini, oltre che alcuni zombie di partiti estinti (Idv e Scelta Civica).
Così, proprio quando l'esploratore Piero Fassino vagliava lo «zero virgola» raggiunto, dal Nazareno gli suggerivano di usare l'invitante carotina: «Inutile discutere di chi ci sarà dopo, se poi non si vince», ragionava Fassino, allettando gli interlocutori con la possibile rinuncia di Renzi a Palazzo Chigi. Ennesima arma spuntata: sia perché che il Pd vinca non ci crede più nessuno; sia perché tra un Gentiloni sempre più «inclusivo» e un Minniti sempre più «attivo», la poltronissima di premier sembra ormai un miraggio per il segretario fiorentino. Ieri, tra l'altro, implicito oggetto di discredito proprio da parte del ministro dell'Interno. Critica assai insidiosa, pubblicata in prima pagina dal Foglio, soprattutto perché intelligente, informata e apparentemente mirata sul concetto di democrazia in voga tra i grillini. Ma in grado di smontare i capisaldi del pensiero renziano, tra l'altro concretamente realizzati a Palazzo Chigi durante il suo governo.
Minniti si schiera apertamente contro la «democrazia digitale» che il leader pidì trova invece tanto seducente. Al punto da lanciare un monito formidabile: «Non si governa su Twitter e i social», dice Minniti (e noi ricordiamo persino annunci importanti o incontri di protocollo internazionale diramati da Renzi premier tramite il giovanile cinguettio come se fosse il miracoloso annuncio d'un mondo nuovo). Minniti, non certo per dato anagrafico, diffida dell'algoritmo e ce lo fa sapere con dovizia di particolari, anche personali. Lui non ha pagina Facebook, non bazzica Twitter, né posta selfie su Instagram. «Ci sono entrato una volta, ma non lo farò mai più - racconta -. Credo sia arrivato il momento di fare uno sforzo, ribaltare equilibri e smetterla di porre la politica alle dipendenze di un social network: di filtri che possono diventare specchi deformanti». Il ministro parla delle cosiddette «bolle» costituite dai propri contatti, che finiscono per fornire «uno scambio reale, in tempi velocissimi». Ma il risultato assomiglia allo specchio deformante della regina di Biancaneve, quello che ripete all'impazzata: sei tu il (la) più bella del reame. «Droga letale», la definisce Minniti, che contribuisce a modificare l'identità del politico, che finisce per «avere l'illusione di constatare in ogni momento il proprio apprezzamento». Nulla di peggio, per la democrazia, il cui «cuore è avere rapporti con quelli che non la pensano come te... Non esistono più zone grige e compromessi e chi vuole manifestare la propria contrarietà lo fa, senza filtro, nella maniera più primordiale possibile...
Chi delega i propri follower a prendere le decisioni che un politico dovrebbe prendere, distrugge la politica... La democrazia del clic è il contrario della politica». Non ci sono dubbi: si parla di nuora (Di Maio) perché suocera (Renzi) intenda.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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