Il sindaco del Pd accusa sindacati e burocrazia: «Mi impediscono di proteggere i turisti in spiaggia»

nostro inviato a Forte dei Marmi

Sotto le tende sula sabbia più scintillante d'Italia raccontano una filastrocca: se ti appisoli, la sveglia te la dà il venditore con il suo carico di mercanzie. Le borse e gli occhiali grandi firme che fanno concorrenza sleale alle boutique griffate del Forte e le svuotano con il trucco. Il problema è che i passaggi sotto l'ombrellone si sono fatti sempre più frequenti. Uno ogni quattro minuti. Forse anche di più, perché naturalmente i tempi non li cronometra nessuno. E però la lotta all'abusivismo è la priorità delle priorità. Umberto Buratti, sindaco Pd da 8 anni, storicamente socialista di marca laburista, fa un discorso molto chiaro: «Forte è un resort a 5 stelle lusso. E come tale dev'essere tenuto. Mi pare perfino banale doverlo rimarcare, ma purtroppo la battaglia è molto dura». E allora il primo cittadino, commercialista e ufficiale degli Alpini, racconta una sorta di parabola amara sull'arte di governare l'Italia e gli italiani: «Vede, se io ricevo cinquecentomila euro da uno dei tanti magnati russi che frequentano il paese con lo scopo di rinforzare nei mesi estivi la squadra dei vigili e combattere cosi l'illegalità, io sono costretto a rifiutare l'offerta». Lo Stato concede i soldi con il contagocce, ma i comuni hanno le mani legate. «Nel 2008 – prosegue Buratti – i proprietari dei 100 stabilimenti balneari mi diedero un contributo di 80 mila euro e io ho messo su uno squadrone di vigili che pattugliavano le spiagge». Risultato: il fenomeno va a picco. Pareva una battaglia vinta, o comunque un buon risultato, ma l'illusione dura poco. «La Cgil funzione pubblica si mise di traverso sostenendo che avevo inventato il vigile in affitto. Non solo: i senegalesi, quelli che piazzavano le borse contraffatte, organizzarono con l'aiuto del sindacato tre, dico tre manifestazioni contro il sindaco con tanto di cartelli e striscioni».

Buratti fa solo il suo mestiere, difende la legalità e cerca soprattutto di tutelare quel brand, come si dice oggi, chiamato Forte, un marchio che genera fatturato e occupazione. Niente da fare. Dove non sono arrivati la Cgil e gli ambulanti neri irrompe, più puntuale di un orologio svizzero, la Corte dei conti che sbarra la strada aperta dal Comune. Tutto il lavoro fatto finisce nel cestino, ma il primo cittadino, pure bersagliato dall'ala sinistra del suo stesso partito, non si dà per vinto. I vu' cumprà sono ovunque, la gente s'infastidisce, qualcuno perde le staffe e c'è anche chi fa le valigie. I signori delle boutique del borgo, poi, sono furenti. Tre anni fa il sindaco, sempre più preoccupato, gioca la carta romana. Va al Ministero dell'Economia e chiede aiuto ai tecnici di via 20 settembre. Alla fine la quadratura viene trovata: spunta una norma che permette di spendere i soldi donati da un privato senza impiccare l'amministratore pubblico alla corda di parametri, tabelle, regole e regolette.

La sfortuna però è in agguato: la norma viene inserita nel Salva Roma ma Napolitano non firma. Cosi un'idea che sembrava semplicissima ritorna in orbita. Sette anni passati invano, come al gioco dell'oca. E dal molo di Viareggio al pontile del Forte è tutto un suk. Fuori legge ma alla luce del sole.

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