Il sindaco sapeva degli appalti Ecco la prova che lo sbugiarda

Gli ispettori già a gennaio 2014 avevano evidenziato la proroga dei contratti sotto inchiesta E nella relazione consegnata al prefetto ci sono le nuove carte d'indagine che lo contestato

RomaIl primo verdetto è atteso per fine luglio, quando scadranno i 45 giorni a disposizione del prefetto di Roma Franco Gabrielli per esprimere la sua valutazione sul commissariamento del Campidoglio. Da ieri il prefetto ha sul tavolo la relazione degli ispettori della «commissione d'accesso», che si è messa al lavoro lo scorso 15 dicembre, dopo i primi arresti per Mafia Capitale. Nonostante l'ostinazione del sindaco Ignazio Marino nel non mollare la poltrona, rivendicando la propria «diversità» rispetto al malaffare scoperchiato dall'indagine «Mondo di mezzo», il voluminoso dossier potrebbe scavalcare le resistenze del primo cittadino, sfilandogli il Campidoglio e consegnandolo a un commissario fino a nuove elezioni. Ovviamente è presto per fare previsioni, anche perché dopo il parere di Gabrielli - che ascolterà anche il procuratore capo Giuseppe Pignatone e i pm titolari dell'inchiesta nel comitato per l'ordine e la sicurezza allargato, prima di decidere - la palla passerà al ministro dell'Interno, Angelino Alfano, al quale spetta l'ultima parola prima del consiglio del ministri, e senza una tempistica certa.

Di certo, il sindaco della Capitale non ha troppi motivi per stare tranquillo. Intanto perché la relazione punterebbe sugli appalti, rimarcando come il Campidoglio a guida Marino abbia ignorato gli «avvisi» della relazione amministrativo-contabile del Mef del 2014, che puntava il dito contro le anomalie delle assegnazioni senza gara proprio alla Eriches di Buzzi e ad altre coop poi finite nell'inchiesta, un comportamento «scorretto» in piena continuità. E poi perché la seconda «puntata» dell'indagine, dieci giorni fa, avrebbe fatto «lievitare» la relazione dei tre ispettori da 700 a mille pagine. Nella nuova ordinanza peraltro il coinvolgimento del Campidoglio guidato da Marino, come giunta e come consiglio comunale, è ancora più rimarcato. Dei 24 capi di imputazione del provvedimento (che ha portato all'arresto dell'ex assessore alla casa Daniele Ozzimo e dell'ex presidente del consiglio comunale Mirko Coratti, entrambi Pd), quasi tutti quelli che riguardano il Campidoglio sono relativi al biennio di governo della «nuova» amministrazione. Così, per esempio, sull'operazione di Buzzi per «intromettersi» nella cessione della Multiservizi da Ama a Cns, quando il ras della «29 giugno» si scatena nei contatti «politici», finisce cristallizzata agli atti la sua soddisfazione nel precisare «che i capigruppo di maggioranza li aveva “presi tutti”». Sempre il Ros ricorda come a novembre 2014 Buzzi auspicava che Marino restasse al suo posto «altri tre anni» per «mangiarsi Roma» insieme «al mio amico capogruppo», e che l'auspicio fosse motivato proprio dalla «consapevolezza (...) di appartenere a tale sodalizio, caratterizzato dalla possibilità del ricorso al metodo mafioso». Ancora, su una delibera di ottobre 2014, per gli inquirenti «è un fatto storicamente certo il pagamento di consiglieri dell'Assemblea capitolina per la costruzione del consenso necessario all'approvazione».

Tra l'altro su una questione, il debito fuori bilancio, sulla quale il Mef bacchettò la «nuova amministrazione», col cui insediamento «la problematica non appare essere stata risolta, in quanto, anche in assenza di impegni di bilancio, l'ente non ha fatto nulla per evitare che venissero effettuate prestazioni da parte di soggetti terzi in violazione delle regole contabili». Anche nell'era Marino, insomma, era ben saldo il «sistema d'infiltrazione nelle dirigenze della Regione Lazio e del Comune di Roma», finalizzato ad accaparrarsi gare e soldi pubblici.

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