In Siria con i russi a caccia del Califfo

Colpiscono di giorno e di notte, dal mare e dal cielo. 5.700 missioni, quattromila militari e uno scopo: «Annientare l'Isis»

Il caccia bombardiere russo scalda i motori all'inizio della pista, una lama grigia di asfalto a soli 30 chilometri dal Mediterraneo, in mezzo al verde della zona siriana di Latakia. Poi il pilota lancia il Sukoi a manetta, che si impenna con un frastuono assordante verso il cielo mostrando il grappolo di bombe agganciate sulle ali e destinate ai seguaci del Califfo. Decolli ed atterraggi sembrano non fermarsi mai, anche di notte, quando i reattori sputano fiammate rossastre mentre i caccia prendono velocità. Il Giornale è il primo quotidiano italiano ad arrivare in Siria con i russi, grazie da un volo militare da Mosca, assieme ad un gruppone di giornalisti televisivi di mezzo mondo.La flotta aerea anti bandiere nere, secondo fonti occidentali, conta 46 caccia e 24 elicotteri. Le forze russe in Siria sarebbero attorno ai 4mila uomini esclusi gli equipaggi delle navi. «Negli ultimi quattro mesi abbiamo compiuto 5700 missioni. Il nostro obiettivo è distruggere le infrastrutture del terrore. Prima di tutto l'Isis e il Fronte al Nusra (legato ad Al Qaida, nda)» dichiara con alle spalle un caccia rombante il generale Igor Konashenkov, portavoce della Difesa russa.Gli addetti dell'aeronautica sono indaffarati a caricare sotto le ali dei caccia, bombe da 500 o 1000 chili e razzi a ritmo continuo. I piloti, circa 150, non possono parlare, ma sfilano davanti alle telecamere ispezionando l'aereo prima di infilarsi in cabina. La visiera scura del casco è abbassata per non farsi riconoscere ed evitare eventuali rappresaglie.Le immagini in bianco e nero girate dagli aerei dei bersagli centrati sono impressionanti. La bomba viene sganciata e quando esplode sull'obiettivo si alza un'enorme nuvola di fumo e fiamme. Un carro armato del Califfo cerca disperatamente scampo, ma viene centrato e prende fuoco.Sul perimetro della base russa in Siria volteggiano gli elicotteri d'attacco per evitare sorprese. I fanti di marina armati fino ai denti, in mimetica verde e mefisto calato sul volto per non farsi riconoscere, sono la nostra scorta. I soldati russi utilizzano anche i blindati Lince, come quelli dei nostri militari in Afghanistan. Il mezzo italiano, che chiamano «Ris» è fabbricato a Voronezh su licenza dell'Iveco. I giovani in tenuta da combattimento non spiaccicano parola. A parte quando si rendono conto di avere di fronte un giornalista italiano e pronunciano perfettamente il nome di una loro star: «Francesco Totti», fuoriclasse della Roma. I caccia bombardieri portano sempre sulla coda la stella rossa, ma dai tempi dell'Urss la Difesa russa ha fatto passi da gigante nel presentarsi al mondo. Anche se ogni tanto riaffiora il tic sovietico della segretezza e proibizione a fare questo o quello. Durante il rancio nella mensa da campo una cintura di baschi rossi della polizia militare evita discretamente qualsiasi contatto fra truppa e giornalisti.La Russia ha schierato pure una poderosa flotta di una dozzina di unità navali sul fronte della guerra al Califfo in Siria. Dal porto di Tartus, unica base russa nel Mediterraneo fin dai tempi dell'Unione sovietica, salpiamo sulla nave da guerra «Vice ammiraglio Kulakov». Gli ufficiali in divisa nera ci scortano sul ponte principale del cacciatorpediniere lungo 163 metri e con 279 uomini di equipaggio. Dima, diminutivo di Dmitry è uno dei marinai più giovani, 19 anni. «La nostra è un'operazione antiterrorismo» sottolinea orgoglioso in inglese. Dalla plancia aprono le grandi botole di lancio dei missili anti nave con impresso sopra lo stellone rosso e girano a destra e sinistra i cannoni di prua oltre alle batterie anti aeree. Una dimostrazione di forza, che serve a scoraggiare potenziali interferenze occidentali nell'impresa russa in Siria. «La missione è garantire la sicurezza del porto di Tartus e del traffico marittimo mercantile davanti alle coste in appoggio all'operazione delle nostre forze aeree sul territorio siriano» spiega piazzato a prua, Stanislav Varik, il comandante. Sotto coperta la nave mostra il peso dell'età, ma è tenuta benissimo comprese le sbiadite foto in bianco e nero dei tempi sovietici. I russi usano dieci satelliti per individuare gli obiettivi e le unità navali nel Mar Caspio oltre ad un sottomarino dal Mediterraneo hanno lanciato missili Cruise sulle bandiere nere in Siria.L'intervento aereo navale russo è una boccata d'ossigeno per l'esercito siriano, che stava cadendo a pezzi. Adesso, secondo il lungo elenco letto ai giornalisti dal generale Alì Mayhob, le forze di Damasco starebbero riconquistando terreno. «L'intervento militare ha riportato alla ribalta internazionale la Russia. L'offensiva dal cielo funziona, ma sarà veramente vittoriosa solo se aprirà la strada ad una soluzione negoziale per il conflitto fra Damasco ed una parte dei ribelli» sostengono fonti diplomatiche occidentali. «Davai, davai (andiamo)» intimano i russi l'ultimo giorno del reportage per farci salire, a sorpresa, su grossi camion blindati con tanto di elmetto e giubbotto anti proiettile. Dal piccolo oblò del vetro antiproiettile si intravedono case sfregiate dalla battaglia. I fanti di marina ci scortano a Salma, una cittadina nell'entroterra di Latakia, che da 3 anni era in mano al fronte al Nusra, la costola di Al Qaida in Siria. Il 10 gennaio, i Falchi del deserto del colonnello Mohammed Jaber, ex milionario, l'hanno riconquistata con il determinante appoggio aereo russo. La strada principale di Salma è devastata dai combattimenti, il minareto della moschea bucherellato dai proiettili come un groviera e tutto attorno ci sono ancora mine. Il fronte si è spostato di un pugno di chilometri, ma in pratica non possiamo uscire da un tragitto di cinquecento metri.

Alla fine i russi ci portano via in fretta e furia. Alla sera, prima di imbarcarci sul volo di ritorno per Mosca, i caccia decollano rombando ad intermittenza per colpire degli obiettivi a Raqqa, la «capitale» siriana del Califfo.

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