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Soldati sul confine, Putin minaccia l'Ucraina. La strategia dello zar: abbaiare e non mordere

È la risposta alle manovre Nato, ma soprattutto un avviso a Washington

Soldati sul confine, Putin minaccia l'Ucraina. La strategia dello zar: abbaiare e non mordere

La tentazione forse c'è, ma l'intenzione ancora no. Certo i 115mila soldati russi ammassati alla frontiera ucraina allarmano l'amministrazione Usa preoccupata, spiega il Segretario di Stato Anthony Blinken, dal «tentativo di riproporre» un'invasione. E a impensierire Pentagono e vertici della Nato contribuiscono i sempre più frequenti voli di bombardieri russi con capacità nucleari ai confini polacchi. Il tutto mentre Putin si dice più pronto che mai ad usare il dispositivo militare per far rispettare gli interessi della Russia in Europa. «I nostri avvertimenti - ammoniva il presidente russo parlando ai propri diplomatici - sono stati percepiti e stanno avendo effetto».

Per comprenderne le parole bisogna considerare il punto di vista russo. Le manovre militari della Nato nel Mar Nero, la presenza di consiglieri militari statunitensi e inglesi impegnati ad addestrare le truppe di Kiev e le consistenti forniture militari garantite dagli Usa equivalgono, per Putin, ad un progressivo allargamento della Nato. Un allargamento che pur non arrivando ad includere nell'Alleanza l'Ucraina può spingerla a tentare di recuperare i territori del Donbass. E ad inquietare Putin contribuiscono le mosse imperscrutabili di Recep Tayyp Erdogan. Fedele allo spregiudicato ruolo di membro della Nato e, al tempo stesso, di complice e avversario strategico del Cremlino, il presidente turco sta fornendo alle forze di Kiev nel Donbass gli stessi droni che hanno messo alle corde gli alleati di Mosca in Libia e nel Nagorno Karabakh.

E a innervosire Putin s'aggiungono i voltafaccia del presidente ucraino Volodymyr Zelenskiy. Dopo l'iniziale impegno a ratificare gli accordi di Minsk per la pacificazione del Donbass attraverso l'integrazione della regione in un'Ucraina «federalizzata» Zelenskiy s'è rimangiato ogni impegno. Vladimir Putin resta comunque lontano dall'ipotizzare un reale intervento militare. Consapevole di come il conflitto afghano abbia contribuito alla caduta dell'Urss si guarda bene dal progettare l'invasione di un'Ucraina grande due volte l'Italia dove la popolazione, al di là del fiume Dnieper, guarda con poca simpatia a Mosca. Anche perchè gli armamenti e l'addestramento garantito dagli Usa imporrebbero a Mosca un costo economico difficilmente sopportabile per un Cremlino che dal 2014 spende, secondo alcune stime, oltre sei miliardi all'anno per sostenere l'insurrezione del Donbass e garantirne la sopravvivenza economica.

Un costo economico a cui s'aggiungerebbe quello politico generato dall'inevitabile perdita di migliaia di vite umane. Elementi di un certo peso in un panorama russo dove Covid e crisi economica rischiano di far traballare l'ancora indiscusso consenso del presidente. Quelle truppe ai confini ucraini giocano però un indiscutibile ruolo politico in vista di un secondo summit con Joe Biden dato per imminente da molte fonti.

Perchè se Putin non è in grado di sostenere uno scontro, anche indiretto, in Ucraina tanto meno può permetterselo un Joe Biden impegnato su quel fronte indo-pacifico dove la vera grande minaccia si chiama Cina.

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