"Sono il Diavolo", 23enne stuprava i suoi adepti

Le vittime scelte via social, il responsabile ai domiciliari. Indagini nate da una mamma

"Sono il Diavolo", 23enne  stuprava i suoi adepti

Fingeva di essere il Diavolo e aveva convinto i suoi adepti che erano la reincarnazione di Amon, Atena, Banshee, Aracne, Eva, Ares e delle Sette Furie, prescelti e chiamati a salvare il mondo. Ma per farlo dovevano accettare di farsi stuprare, inviare le loro foto nudi e subire violenze di ogni genere.

Dovrà rispondere di riduzione o mantenimento in schiavitù, violenza sessuale e pornografia minorile nei confronti di tredici persone uno studente di 23 anni, residente a Monemurlo (Prato), per cinque anni a capo di una setta satanica. Il giovane è finito ieri ai domiciliari su richiesta della Procura del capoluogo toscano per aver costretto le vittime, alcune minorenni, messe in stato di soggezione psicologica, a subire atti sessuali. A far scattare l'indagine lo scorso anno era stata una mamma che, insospettita e preoccupata per il repentino cambiamento dei due giovani figli e dalle loro fughe nei boschi, si era rivolta all'Osservatorio nazionale abusi psicologici.

Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Angela Pietroiusti, hanno svelato che approfittando della vulnerabilità degli adepti il «Diavolo», attraverso minacce e percosse, faceva creder loro di avere poteri sovrannaturali e che loro stessi erano entità non umane. Ma per acquisire maggiori poteri dovano sottoporsi a rituali di natura sessuale e di altro genere, come mordersi le braccia a sangue, premere con un dito gli occhi fino a farsi male o inalare incensi e cristalli.

Le vittime, che venivano scelte attraverso i social e sulle chat di Whatsapp, venivano anche convinte dell'esistenza di vampiri e lupi mannari, al fine di stipulare un patto con lo studente, che li costringeva alla fedeltà e al silenzio sotto minaccia di disgrazie e sofferenze per sé stessi e per le proprie famiglie.

Per convincerli della sua superiorità, così da abusarne, il ventitreenne, che spesso indossava una maschera e un costume, avrebbe anche elaborato un rituale di resurrezione: inscenava uno strangolamento da parte di un complice e dopo si rialzava, fingendo di rimettersi a posto il collo.

I luoghi in cui si riuniva la setta erano le case libere dei nonni, oppure il parco di Galceti o di Galciana a Prato, o un cinema multisala, mentre i rapporti sessuali sarebbero avvenuti principalmente nell'auto del giovane arrestato.

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