"Sono guarito dal virus e riapro l'azienda. Lo Stato? Basta parole"

L'ad di Openjobmetis: "Ero un relitto, pensavo di morire. Il governo faccia poche cose ma utili"

"Sono guarito dal virus e riapro l'azienda. Lo Stato? Basta parole"

È stata dura. Rosario Rasizza, amministratore delegato di Openjobmetis, una delle principali agenzie per il lavoro italiane, è a casa da qualche giorno. Levigato dalla malattia, ma in smart working. «Sto riprendendo l'attività e non le nascondo la gioia che provo nel tornare alla vita e al lavoro, a 51 anni, dopo la battaglia con il Coronavirus».

Quando si è ammalato?

«Ai primi di marzo. Sono rimasto solo a casa, in isolamento, convinto di farcela, invece un po' alla volta sono crollato: la febbre, i dolori e poi e poi una tosse devastante che non mi lasciava mangiare, non mi lasciava dormire, non mi lasciava pensare. Mi trascinavo come un relitto, aspettavo non so bene cosa, un giorno ho pensato di morire. Per fortuna è arrivata l'ambulanza che mi ha portato all'Ospedale del Circolo di Varese, la mia città».

Come l'hanno curata?

«Non so quale cocktail di farmaci abbia preparato il professor Paolo Grossi, il primario del reparto di infettivologia, ma so che ha azzeccato la terapia. Certo, i primi due giorni sono stati terribili: avevo addosso la mascherina per l'ossigeno che ronzava dietro la testa come un bollitore. Una situazione faticosissima, ma sono stato fortunato rispetto ai molti che non ci sono più. E poi ti abitui: dopo un po' senti che stai meglio, che torni a respirare e quella mascherina non vorresti togliertela più. Ma gli infermieri e i medici che arrivavano davanti al mio letto solo vestiti, tanto che vedevo solo i loro occhi e oggi non saprei riconoscerli, sono stari straordinari. Così quando sono uscito, ho inviato loro una lettera di ringraziamento, firmandomi il paziente della stanza 21».

Adesso?

«Riapriremo il nostro quartier generale di Gallarate il 18 maggio. Openjobmetis fattura più di 550 milioni, è quotata in Borsa, ha 650 dipendenti che come me vogliono lavorare».

Ma la sicurezza?

«Per cominciare tutti faranno, naturalmente a mie spese, il test sierologico in un laboratorio certificato, così vedremo chi ha la patente di immunità. Poi abbiamo acquistato 3mila mascherine e mille visiere, fondamentali per proteggere gli occhi che sono una porta d'ingresso del virus. E abbiamo ripensato i turni, mansione per mansione».

In che modo?

«Ci saranno sempre due squadre complementari che non si incontreranno mai: al lunedì il primo team sarà in ufficio e il secondo in smart working, al martedì i ruoli si invertiranno e via così. Se qualcuno si dovesse infettare, il contagio non travolgerà tutta la struttura».

Il vostro lavoro è trovare lavoro agli altri: dunque è un susseguirsi di colloqui, formazione, strette di mano.

«No, le strette di mano sono abolite: esaminatore e candidato saranno separati da una barriera protettiva in plexiglas, modello vecchio ufficio postale».

E la formazione?

«Per il momento viaggerà on line. Ma stiamo cercando di affrontare tutti gli ostacoli e aiutare chi abbiamo intorno in questa sfida senza precedenti: alle nostre mille badanti abbiamo regalato un kit completo di strumenti di protezione per tranquillizzare, nei limiti del possibile, le famiglie che le ospitano».

Che cosa chiede Openjobmetis allo Stato?

«Poche cose: soprattutto scelte decise e non contorte. Il Paese non può rimanere sotto scacco ancora a lungo: gli imprenditori vogliono riaccendere il motore, entro un mese dobbiamo girare la chiavetta. E lo Stato ci accompagni sul terreno concreto. Le strade astratte non funzionano.

Pensi alla fase due del reddito di cittadinanza: non è mai decollata e il suo regista Mimmo Parisi, che non aveva avuto il tempo di ricevere per cinque minuti noi delle agenzie per il lavoro, è miseramente tornato negli Usa. Ora la guerra alla burocrazia si deve spostare sul Decreto Dignità: via le causali per le assunzioni a termine, almeno per 24 mesi».

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