RomaNell'eterna guerra dei modelli di riforma elettorale, tra epiteti latineggianti e architetture istituzionali sempre foriere (nelle intenzioni) di risultati salvifici, c'è un tema che esce dal ristretto parco giochi degli appassionati e risulta comprensibile a tutti: preferenze sì o preferenze no? Ebbene su questo tema si è soffermato uno dei tavoli più affollati della Leopolda renziana. Con risultati sorprendenti.
Il forum di discussione - uno dei 52 messi in campo dagli organizzatori - è quello delle Riforme. Per ruolo istituzionale, competenze, appeal mediatico la «star» è senza dubbio Maria Elena Boschi, icona e amazzone del renzismo della prima ora. Con lei siedono molti studiosi, costituzionalisti, parlamentari e tanti semplici «leopoldini»: più di 50 partecipanti, molti in piedi e in doppia fila. La discussione si accende sulla questione preferenze. Il dibattito si sviluppa su un canone consueto: favoriscono il voto di opinione o sono un'illusione prospettica, un falso mito, un vecchio arnese da Prima Repubblica, uno strumento di chi fa politica con metodi clientelari, se non addirittura criminali? E poi ancora: le preferenze alzano a dismisura i costi delle campagne elettorali, portano corruzione e trasformano i partiti in comitati elettorali, oppure favoriscono la partecipazione e riducono la distanza tra eletti ed elettori, migliorandone il rapporto?
Il professor Roberto D'Alimonte, docente alla Luiss ed esperto di sistemi elettorali, non esita a perorare una causa - quella del «no» alle preferenze - che non ha mai nascosto di sposare con convinzione. Vedendo il governo (nella persona della ministra) troppo aperturista, si lascia sfuggire una battuta: «Sapete che vi dico? Meno male che c'è Berlusconi, che sulle preferenze non molla: almeno lui ce le eviterà. Le preferenze sono infinitamente peggiori delle liste bloccate corte, spero che il Cavaliere resista col suo veto». La Boschi obietta che «queste sono le opinioni personali del professor D'Alimonte» e che le preferenze sono invece molto richieste, anche nel Pd, e il governo è impegnato a trovare una mediazione tra chi le vuole e chi perora le liste bloccate. E propone - con il chiaro intento di spostare l'ago della bilancia dalla sua parte - un referendum per alzata di mano tra i partecipanti al tavolo.
Finisce malissimo: tutte le mani si alzano contro le preferenze, con due soli astenuti: il relatore della proposta di riforma della legge elettorale e capogruppo in commissione Affari costituzionali alla Camera, Emanuele Fiano e lei, la Boschi. Tutti gli altri si schierano con D'Alimonte.
Una indicazione certo non vincolante, ma di cui comunque il Pd dovrà tenere conto in vista della ripresa del dibattito parlamentare che dovrebbe - il condizionale è d'obbligo - portare alla stretta finale per l'approvazione dell'Italicum.E una piccola sconfitta per la Boschi, un Bella ciao cantato non dalla piazza di San Giovanni, ma dal piccolo coro di un tavolo renziano.
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