Paolo Giordano
Gira e rigira, il caso Fazio scricchiola da ogni lato. La Rai dice di aver affrettato la chiusura del contratto perché altrimenti «Fabiolo» avrebbe preso il largo, probabilmente direzione La7. In effetti, proprio mentre Fazio lamentava il «vulnus» della politica in Rai, abilissimamente era stata fatta circolare l'ipotesi di una trattativa con la rete di Cairo per una prima serata. In realtà dagli ambienti vicini ai vertici di La7 si sa con certezza che non c'è mai stata alcuna offerta concreta. Anzi, la rete non ne aveva proprio alcuna intenzione. Dopo gli sforzi economici enormi affrontati per Crozza, l'idea di un calvario simile non ha mai sfiorato i vertici.
Per farla breve, Fazio (o chi per lui) ha gestito da consumato giocoliere la trattativa della vita, quasi obbligando la Rai a stare sulla difensiva precisando tutto il precisabile per non soffocare sotto la marea montante di reazioni negative di pubblico e stampa. Ad esempio, da Viale Mazzini si precisa che lo stipendio di Fazio non è aumentato visto che anche la scorsa stagione ammontava a 2,2 milioni l'anno, comprensivi di Che Tempo che fa e anche di Rischiatutto (che, almeno per ora, non si rifarà). Oltre al fatto che Che tempo che fa avrà un numero maggiore di serate e passerà da Raitre a Raiuno.
Ma, restando al costo di Che tempo che fa, non si capisce come le spese di produzione possano essere di soli 600mila euro (visto che il budget complessivo è di 2,8 milioni annui di cui 2,2 sono per il cachet di Fazio). Questioni che andrebbero chiarite.
Magari aiuteranno a farlo gli esposti di Anzaldi all'Anac e alla Corte dei Conti e quello del Codacons non solo alla Corte dei Conti ma pure alla magistratura. «È una sorta di furto con destrezza, tenuto conto della natura pubblica della Rai», spiega il presidente Carlo Rienzi, confermando che il caso Fazio è ancora lontano dall'essersi sopito.
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