Sorpresa, perfino i big grillini disobbediscono

Di Battista, Toninelli e Lombardi hanno votato cento volte in dissenso al gruppo. E Di Maio 42

Sorpresa, perfino i big grillini disobbediscono

«Chi non è d'accordo sulle regole, si faccia un altro partito». Beppe Grillo non è nuovo a questo genere di avvertimenti. Le cronache politiche degli ultimi anni hanno più volte portato alla luce epurazioni, diktat e minacce nei confronti di quei pentastellati che si sono arrogati il diritto di criticare il leader o i dettami del Movimento stesso. Ma se Grillo guardasse anche all'interno del proprio gruppo parlamentare, scoprirebbe che è infestato da ribelli. Probabilmente a sua insaputa.

Il sito OpenParlamento (che monitora e analizza il lavoro di deputati e senatori) ha evidenziato tutte le volte in cui un parlamentare grillino ha votato in senso opposto al gruppo. Una sorta di lista dei dissidenti interni che contempla atti, emendamenti, decreti, disegni di legge, ordini del giorno e relative scelte di ogni singolo onorevole.

Il primo classificato, con la bellezza di 336 votazioni discordanti, è Girolamo Pisano, deputato di Salerno che, guarda caso, nel maggio dell'anno scorso difendeva a spada tratta Federico Pizzarotti. Il sindaco di Parma poi è stato fatto fuori, mentre lui è rimasto seduto sui seggi della Camera.

Continuando c'è poi Davide Tripiedi con 212 voti contrari al gruppo, Paolo Parentela con 199, Riccardo Fraccaro con 198. Paolo Bernini, il grillino delle scie chimiche per intenderci, ha espresso ben 146 volte un voto differente rispetto al proprio gruppo. Ma nella lunga lista di dissenzienti si annoverano anche i fedelissimi di Beppe Grillo.

Si va da Roberta Lombardi (100 voti ribelli) ad Alessandro Di Battista con 97 passando per Danilo Toninelli con 96 a Laura Castelli con 73 fino ad arrivare a Carla Ruocco con 67. Francesco Cariello, deputato pugliese, con sole 12 volte è invece il grillino più allineato. Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera, merita una menzione speciale. Perché, nonostante sia sicuramente uno dei più disciplinati del Movimento, in 42 occasioni ha fatto una scelta diversa rispetto a quella del proprio gruppo parlamentare.

Qualche esempio? Si è astenuto su un ddl sul settore agricolo mentre la maggioranza del gruppo votava a favore ed è stato l'unico a schierarsi a favore del decreto «Salva Pubblica amministrazione mentre 70 compagni di partito si astenevano. Dissensi malcelati, che poi, alle votazioni finali sui provvedimenti, nella maggior parte dei casi si raddrizzano magicamente, piegandosi ai diktat del leader pentastellato.

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