Per il sottomarino argentino poche speranze di salvezza

Forse captati i segnali di sette telefonate satellitari tentate da bordo del San Juan. Ma la Marina: «Nessuna certezza»

Per il sottomarino argentino poche speranze di salvezza

Il giallo degli abissi. In tarda serata la Marina argentina ha smorzato le speranze sulle sorti del sottomarino militare scomparso nelle fredde acque della Patagonia. «Non siamo certi che i segnali provengano dal San Juan» ha affermato. Eppure quella di ieri è stata una giornata piena di attesa e di un cauto ottimismo: dopo quattro giorni di silenzio, che faceva presagire una conclusione tragica nonostante gli sforzi dei ricercatori, in mattinata il ministero della Difesa di Buenos Aires ha fatto sapere che ieri, nell'arco di circa cinque ore, sono giunte da bordo dell'«Ara San Juan» i segnali di sette tentativi di chiamate satellitari dirette alla base della Marina.

Le chiamate sono durate pochi secondi (la più breve solo 4, la più lunga 36), insufficienti per determinare l'area esatta da cui provenivano ma certamente bastanti per dare nuove energie agli uomini che cercano di salvare le 44 persone che compongono l'equipaggio del «San Juan». Secondo il portavoce del ministero della Difesa sono state le cattive condizioni meteo a impedire alle chiamate di agganciare la base a cui erano dirette: nella zona in cui si stanno svolgendo le ricerche - al largo della penisola di Valdes - il mare è in tempesta, con onde alte fino a otto metri. «Stiamo lavorando per confermare la veridicità di queste chiamate», ha detto il portavoce Enrique Balbi, che ha comunque confermato che naturalmente le ricerche proseguono con il massimo impegno. Sabato sera era stato annunciato che Buenos Aires aveva accettato le offerte di aiuto giunte da diversi Paesi, incluse - e questo è certamente un passo significativo ricordando la guerra delle Falkland del 1982 - quelle della Gran Bretagna.

E il pensiero non può che correre alla tragedia del sottomarino russo «Kursk», che nell'agosto 2000 rimase bloccato sul fondo del mare di Barents: le autorità russe accolsero l'offerta di aiuto di britannici e norvegesi quando ormai era troppo tardi per salvare gli oltre cento marinai a bordo e fu una strage. In quell'occasione pesarono malintese considerazioni di orgoglio nazionale e l'antica ossessione dei russi per la segretezza. Il tempo corre e l'ansia per il destino dei 44 militari argentini - tra i quali c'è l'unica ufficiale di sottomarino donna dell'America Latina, Eliana Krawczyk - cresce. Tuttavia, ricordano alla Marina militare, sarebbe sbagliato pensare che la drammatica fine per inedia dell'equipaggio del «San Juan» sia imminente. A bordo, assicura Balbi, ossigeno e viveri sarebbero ancora sufficienti per una decina di giorni: «Normalmente- ha dichiarato il portavoce - si tengono sempre scorte per 15 giorni oltre la data prevista di arrivo». E il «San Juan» avrebbe dovuto fare rientro alla base di Mar del Plata proprio oggi. Insomma, anche se i responsabili della Marina argentina invitano alla cautela (dopo le sette chiamate non riuscite dal fondo dell'Atlantico non è più giunto alcun segno di vita), la fiammella della speranza rimane accesa.

Contribuisce a mantenerla viva anche papa Francesco, nel cui petto batte un cuore argentino. Al termine dell'Angelus di ieri, il pontefice ha detto poche sobrie ma sentite parole: «Prego anche per gli uomini dell'equipaggio del sottomarino militare argentino di cui si sono perse le tracce».

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