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Sovranismo in soffitta: il mondo dell'impresa ha già cambiato casacca

Il riposizionamento di manager e imprenditori E anche l'Europa adesso è vista più in positivo

Sovranismo in soffitta: il mondo dell'impresa ha già cambiato casacca

Dalla platea del Forum Ambrosetti l'era di Salvini è già un ricordo. Gli imprenditori e i top manager che tutti gli anni, nel primo week end di settembre, rappresentano l'economia del Paese da Cernobbio, ci hanno messo un attimo a riposizionarsi, aprendo al nuovo governo un credito illimitato. Non è una questione ideologica, quanto più questo nuovo e improvviso vento europeo che sta creando le condizioni per essere governativi (attività che agli imprenditori viene sempre bene) e allo stesso tempo europeisti ed espansivi.

D'altra parte impresa e finanza sanno essere molto concreti. E se lo spread si contrae di ora in ora perché dal governo italiano è sparito il sovranismo; e se le dichiarazioni funeste degli anti-euro alla Borghi e Bagnai non fanno più paura a nessuno, allora diventa più facile essere filogovernativi anche se si lavora nel nord leghista. C'è dell'altro: in un'economia italiana sempre più povera di grandi imprenditori, a Villa d'Este era più facile incontrare i top manager delle big pubbliche, come Enel, Leonardo, Fs, che qualche ruspante industriale del Nord-Est. E che i primi fossero convintamente ottimisti sul Conte 2 era abbastanza prevedibile.

Ma la chiave non è solo il nuovo governo. Bensì questo clima che qui, a Villa d'Este, è palpabile, arriva da lontano. Dalla Germania e dalla Francia per prime, interessate questa volta anche loro alla maggiore flessibilità. Non è un caso che il ministro dell'Economia del governo Macron, Bruno Le Maire, parlando della necessità di fare qualcosa di grande a livello europeo, abbia insistito sul farlo «presto».

Questa nuova Europa a Cernobbio si è un po' intravista, come un laboratorio sperimentale, sia negli interventi esterni, come quello di Mattarella, sia nelle tematiche trattate dal Forum, nel dibattito su «Più o meno Europa»: l'immigrazione e la politica fiscale da applicare alle nuove multinazionali. Come se, dopo la crisi e la fase delle ricette di austerity, con il conseguente crollo dei consensi delle élite, ora si stia organizzando un'Europa che ha capito che servono nuove regole per l'economia e per l'immigrazione. Oltre a una posizione forte nei confronti dello strapotere dei giganti del web. Non a caso i risultati del sondaggio sull'Europa svolto ieri tra gli oltre 200 imprenditori intervenuti al Forum sono stati molto chiari: il 22,8% ha un alto tasso di fiducia, rispetto all'8% registrato lo scorso anno, mentre il 4,1% ha un bassissimo indice di fiducia (13,3% nel 2018). E tra le priorità per la nuova Commissione Ue, gli imprenditori hanno indicato maggiore efficacia su sicurezza, immigrazione e politica estera (19,6%), il rafforzamento del mercato unico (15,9%) e convergenza nelle politiche di bilancio (15,2%). Che poi questa nuova Europa sia quella di Ursula von der Leyen è tutto da vedere. Ma quello che è sicuro è che qui, nel covo di tanti eurocrati della prima ora, quest'anno si è respirata un'aria diversa.

Dopodiché sarebbe un errore sopravvalutare un Forum che, orfano della politica, ha segnato inevitabilmente il passo. Fornendo pochi spunti autentici. Poco sulla recessione tedesca, ad esempio. E una special guest, Hillary Clinton, che appariva una scelta forse un po' troppo rivolta al passato. L'assenza della politica e delle sue ricette si è assai fatta sentire, mettendo a nudo i limiti della formula del Forum.

Per cui, inevitabilmente, proposte e idee uscite da qui, per quanto interessanti, non hanno potuto trovare risposte. Scherzi della crisi agostana

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