Madrid Non ci stanno neanche loro, che hanno fatto della privazione di ogni piacere carnale il loro fioretto di vita per l'amore di Dio. Mentre nelle piazze delle principali città spagnole, le associazioni femministe arroventano il clima di protesta, all'indomani della sentenza choc che ha scagionato dalla violenza sessuale a una diciottenne madrilena cinque uomini - condannati soltanto per abuso durante la festa di San Fermin a Pamplona e quindi liberi tra sei mesi, perché tutti incensurati -, da un monastero basco di Hondaribbia (Nord Spagna) si alza la flebile ma decisa voce delle carmelitane scalze.
«Noi viviamo in clausura, indossiamo un vestito che arriva quasi alle caviglie, non usciamo mai la notte, tranne per le emergenze. Non andiamo alle feste, non beviamo alcolici e abbiamo fatto voto di castità», commentano le suore di clausura sulla loro pagina Facebook. «È una scelta che non ci rende migliori o peggiori di nessuno, sebbene paradossalmente ci rende più libere e felici di molte. E proprio perché è una scelta libera, difendiamo con tutti i mezzi a nostra disposizione, i social ne sono uno, il diritto di tutte le donne di fare liberamente il contrario senza per questo essere giudicate, violentate, intimidite, assassinate o umiliate. Sorella, io sì ti credo».
Le parole di suor Patricia Noya, responsabile della pagina Facebook del convento di Hondaribbia, hanno suscitato un grande clamore in Spagna. Qualcuno ha accusato le sorelle d'ingerenza negli affari giudiziari, tanto che hermana Noya ha commentato al quotidiano El Paìs: «Avere abiti diversi non significa stare fuori dal mondo, questo tipo di questioni appartengono anche a noi». Una testimonianza coraggiosa, il potere temporale della Chiesa contro il potere, fallace, della giustizia degli uomini e che rilancia l'hashtag più usato nelle ultime ore: #HermanaYoSiTeCreo per sottolineare quella fiducia che i giudici del Tribunale regionale della Navarra non hanno concesso alla diciottenne, non credendo alla sua denuncia di violenza sessuale. La protesta delle femministe, ma anche di molte associazioni per i diritti civili, ha ottenuto anche il sostegno della comunità internazionale, delle suore di Francia e Portogallo unite alle rappresentanze Americane. Con lo slogan #metoo, «anche io» (sono dalla tua parte, ndr), l'attrica Jessica Chastain (Zero dark thirty, The tree of life), ha amplificato la protesta delle donne spagnole da Hollywood a tutti gli Stati Uniti.
Ieri l'avvocato madrileno Miguel Ángel Morán, che col legale di Pamplona Carlos Bacaicoa rappresenta la vittima, ha confermato il ricorso in appello per chiedere la condanna per violenza sessuale ai cinque del branco, soprannominato «la Manada». Anche la Procura di Pamplona ha confermato il ricorso e la richiesta di 22 anni di carcere ai cinque, che in primo grado sono stati riconosciuti colpevoli soltanto di «abuso sessuale continuato» e condannati a 9 anni di galera e 100mila euro di multa.
Nel frattempo ha già raggiunto 1,2 milioni di firme la petizione lanciata da una
38enne spagnola sulla piattaforma Change.org che chiede alla Corte suprema di rimuovere i giudici che hanno emesso la sentenza. Il governo spagnolo, da parte sua, intende valutare l'ipotesi di una riforma del codice penale.
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