Coronavirus

"Lo spettacolo senza vaccini si ferma. Ben venga tutto ciò che contribuisce"

L'attore favorevole alla certificazione dopo un anno senza lavorare

«Ben venga il green pass». Umberto Smaila, storico ex conduttore di Colpo Grosso, plaude al provvedimento del governo che garantisce il proseguo delle attività del mondo dell'intrattenimento e del turismo, duramente colpiti dalla pandemia. I clienti dello Smaila's della Costa Smeralda, dove l'artista veronese anche quest'anno è tornato ad esibirsi, possono, dunque, godere di nuovo della sua musica.

Il green pass non è un handicap per la sua attività?

«Quello che abbiamo vissuto, rispetto al green-pass, è il baratro. Siamo stati 12 mesi senza fare neanche uno spettacolo, quindi ben vengano tutti i green pass di questo mondo se ci consentono di fare il nostro lavoro. Penso che sia stata un'iniziativa giusta perché può spingere la gente a vaccinarsi, cosa che io cerco di fare tutti i giorni con i miei video su Facebook. Tutto ciò che contribuisce a farci lavorare ben venga, perché siamo stati tanto tempo abbandonati e perché il nostro lavoro è determinato dal poter muoversi e andare nei locali pubblici. Abbiamo bisogno di lavorare».

Quando e come si è innamorato della Sardegna?

«Sono venuto qui nel '74. Andavo al sud, a Porto Pino e Porto Pineddu, nella zona di Teulada. Ho visto quelle spiagge e quelle dune di cui mi sono innamorato e, poi, da lì, ho cominciato a spostarmi al nord, in Costa Smeralda. Ho deciso di fare un locale a Liscia di Vacca in una struttura che si chiamava il Bagaglino. Dopo due anni sono stato praticamente ingaggiato dai proprietari di Poltu Quatu dove sono rimasto per 18 estati consecutive. È stato un momento epico e credo di aver contribuito a far conoscere le bellezze della Sardegna».

Come nasce la sua passione per il Milan?

«Da bambino, come tutti. All'epoca il Verona Hellas era in serie B e quindi ogni ragazzino sceglieva la sua squadra del cuore. In quel momento si sceglieva tra Juventus, Inter e Milan e qui c'era un grande giocatore che mio padre e io amavamo, ossia Gianni Rivera, uno straordinario campione. Diventando fan di Rivera, divenni anche tifoso del Milan. Alla fine degli anni '70 ho avuto modo di conoscerlo e vederlo allo stadio fare quei suoi numeri funambolici. Con l'avvento di Berlusconi, con cui avevo iniziato a fare i primi programmi su Canale 5, il tifo è cresciuto dopo che Silvio ci ha fatto vincere coppe e campionati. È stato il coronamento di un tifo nato da ragazzo. Tutt'ora sono seguace del Milan».

Meglio a lavorare in Rai o in Mediaset?

«In Rai ho fatto delle cose talmente importanti che non potrei mai sbugiardare questo fatto. Poi, lavorando tanto in Mediaset, quasi duemila trasmissioni, mi sono legato molto a Canale 5.

Esemplificando posso dire che la Rai era molto più governativa e burocratica, mentre in Mediaset si era più liberi di dire quel che si voleva».

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