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Sport arma a doppio taglio: Rodman da Kim ma i campioni Nba snobbano la Casa Bianca

Il cestista a Pyongyang: libero uno studente Usa. Poi lo schiaffo delle star

Sport arma a doppio taglio: Rodman da Kim ma i campioni Nba snobbano la Casa Bianca

Una palla a spicchi più di missili, portaerei e cannoniere. Pyongyang, per James «Cane Pazzo» Mattis, il generale dei marines promosso da Donald Trump a capo del Pentagono, è e rimane «la più immediata e pericolosa minaccia per la pace e la sicurezza» degli Stati Uniti e del mondo. E l'amministrazione Usa ha scelto un agente «molto speciale» per provare a sbloccare l'impasse con il Paese di Kim Jong-un. Ieri Dennis Rodman è atterrato sopra al 38° Parallelo, con volo da Pechino, e nelle ore seguenti il regime ha rilasciato lo studente americano Otto Warmbier, condannato a 15 anni di lavori forzati 18 mesi fa. Il giovane è in volo verso Cincinnati dove lo attendono i genitori. C'è un alone di mistero attorno alle sue condizioni di salute. Per la famiglia, che ha parlato con il Washington Post, il 22ene sarebbe in coma, da più di un anno. Warmbier, secondo i media di Pyongyang, avrebbe subito un attacco di botulismo durante l'udienza durata un'ora quindi gli sarebbe stata data una pillola per dormire, da cui non si è mai svegliato.

Rodman, cinque titoli Nba vinti, un corpo ricoperto di percing e tatuaggi, sette volte consecutive miglior rimbalzista della Nba e per due difensore dell'anno, è passato alla storia come il «Verme». Soprannome dovuto alle mosse da ragazzino al flipper e non alle sue caratteristiche sul parquet. Lì era un difensore brutto, sporco e cattivo e un agonista spasmodico. E nemmeno alle sue attitudini da showman fuori: fidanzamento con Madonna, capelli di volta in volta tinti dei sette colori dell'iride, abbigliamento quanto meno discutibile. Un ambasciatore molto improbabile, quasi quanto lo fu l'hippie Glenn Cowan che, con la racchetta da ping pong in mano e la sua amicizia fulminante e casuale con il fenomeno cinese Zhuang Zedong, contribuì al disgelo tra Washington e Pechino finalizzato da Nixon e Mao nel 1972. Il «Verme» è l'idolo sportivo di Kim, è già stato quattro volte ospite del regime, l'ultima nel 2014, quando dopo un'amichevole tra ex stelle Nba fu criticato per aver intonato, novella Marylin Monroe in bicipiti tatuati e canottiera, un «happy birthday to you» al dittatore nordcoreano. Ma Rodman è anche amico di Trump, per la doppia partecipazione al programma tv The Apprentice e il colloquio a quattr'occhi proprio sulla situazione in Corea del Nord durante l'ultima campagna elettorale. Nel 2014 il cestista fu criticato per non aver trattato la liberazione di un cittadino americano detenuto dal regime, oggi sembra essere riuscito ad aprire quel «canale privilegiato» suggerito dalla Casa Bianca.

Ma la pallacanestro non è il calcio, chi segna per primo non chiude la partita. E dal mondo del basket Usa ieri per Trump è arrivato anche un canestro da tre punti a fil di sirena, di quelli che fanno più male. I neo campioni Nba dei Golden State Warriors, dopo aver alzato il trofeo 2017 con la vittoria 4-1 in finale sui Cleveland Cavaliers, hanno annunciato che diserteranno in massa il tradizionale incontro dei trionfatori alla Casa Bianca. La notizia, rimbalzata sui canali Nbc e su Twitter subito dopo la festa, non è confermata ufficialmente dalla franchigia della Baia di San Francisco. Ma non è un mistero che i giocatori di colore, con l'idolo di casa Stephen Curry e il grande sconfitto LeBron James su tutti, si siano schierati più volte contro le politiche sull'immigrazione di Trump. Un presidente criticato a più riprese anche dal coach dei Warriors, Steve Kerr (ex giocatore dei Bulls dei tre anelli insieme a Rodman), bianco, figlio di Malcom, presidente dell'università Usa a Beirut ucciso nel 1981 da un attentato jihadista.

Questo è un canestro che fa male.

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