Sport, mezzi e lavoro: rischio serrata totale. E stop oltre il 3 aprile

Metà è una minaccia e metà è una preghiera. "State a casa", implora il Presidente della Regione Lombardia, in una conversazione col Giornale

Sport, mezzi e lavoro: rischio serrata totale. E stop oltre il 3 aprile

Metà è una minaccia e metà è una preghiera. «State a casa», implora il Presidente della Regione Lombardia, in una conversazione col Giornale. «Così non va bene, c'è troppa gente in giro», ripetono a Palazzo Chigi. Il ministro Francesco Boccia consulta i presidenti delle Regioni nell'ennesimo giro di valzer, il suo collega della salute Roberto Speranza intanto sprofonda in una nuvola nera di preoccupazioni e di curve catastrofiche sull'evolversi del contagio. Non c'è ancora nulla di deciso, ma se il numero dei malati dovesse crescere ancora, Milano e Roma, che pure procedono come separati in casa, pensano a nuove misure. Sempre più drastiche. Questione di ore, oggi o domani, anche se i tecnici, con i loro modelli matematici, spostano la data chiave più in là, guadagnando qualche giorno.

Pesano i morti: la Spoon River di ieri: 475 croci in Italia, 319 in Lombardia. Un peso insostenibile. E pesano le foto e i video dell'Italia che non va in quarantena. Metropolitane e autobus pieni, semipieni o comunque non vuoti. Che fare? «Nelle prossime ore - annuncia il ministro dello sport Vincenzo Spadafora - bisognerà prendere in considerazione la possibilità di porre il divieto completo di attività all'aperto». Basta con le passeggiate, le sgambate, le corse, in qualche sciagurato caso in formato trenino contravvenendo a tutte le disposizioni. Potrebbe esserci pure questa privazione nel domani degli italiani. Ma la sortita di Spadafora coglie solo un aspetto, tutto sommato laterale del problema.

A Palazzo Lombardia hanno altre priorità. E immaginano altri due step, già emersi almeno in parte nella discussione dei giorni scorsi. Anzitutto, blindare gli artigiani e gli uffici, pubblici e privati, ancora aperti. Molti lavorano in smart working, da casa, ma è una scelta volontaria. Avvocati, commercialisti, professionisti, impiegati si siedono ancora quotidianamente davanti alla propria scrivania e per raggiungerla intasano i mezzi pubblici. Succede a Milano ma anche a Roma e nel resto della penisola, con maggiore o minore consapevolezza. «Così non possiamo continuare - si sfoga Fontana - vedo anch'io le foto che raccontano un'Italia che va a spasso, in tram, per strada e nel luogo di lavoro».

Appelli & ramanzine. Si spera che la gente esca di meno, si invoca la mano pesante delle forze di polizia chiamate a vigilare e, se il caso, a stangare chi trasgredisce o fa il furbo. Ma lo scetticismo, almeno in queste ore cupe, prevale. E dopo la curva si intravede il secondo passaggio: lo stop a tutte le attività produttive con l'eccezione di quelle dell'alimentare, dell'energia, dei rifiuti. Sulle fabbriche c'era già stato un tira e molla la scorsa settimana quando Fontana e l'assessore Giulio Gallera avevano predicato la linea dura, l'intransigenza lacrime e sangue, contro i toni più blandi e smussati di Roma. Alla fine era stato partorito un mezzo compromesso per non spegnere del tutto i motori della produttività nazionale: un protocollo faticosamente raggiunto aveva messo in fila le protezioni necessarie per i lavoratori chiamati a mandare avanti le macchine.

Ora si torna a reclamare una serrata totale, o quasi, per scongiurare una situazione fuori controllo. «In un modo o nell'altro dobbiamo far scendere quella maledetta curva», conclude Fontana. Si attendono con ansia i dati e le tabelle di oggi, forse domani, poi i politici potrebbero procedere, cercando di graduare quel che si può sfumare. E posticipando ufficialmente quel recupero della normalità, fissato per il 3 aprile, cui ormai non crede più nessuno.

Sullo sfondo si staglia l'incubo Wuhan: gli abitanti tappati in casa, i militari che portano il sacchetto della spesa fin sulla porta. Inimmaginabile per il nostro Paese, ma anche l'Italia di un mese fa ci pare oggi preistoria.

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