Soluzioni semplici a problemi complessi: è questa l'essenza di fondo della visione politica di Beppe Grillo. L'Elevato del Movimento Cinque Stelle ha recentemente aggiunto una nuova perla alla lunga e immaginifica sequenza di dichiarazioni che potrebbero legittimamente trovare posto in uno spettacolo di cabaret o in una stand-up comedy se non provenissero dal padre politico di quello che è il primo partito rappresentato in Parlamento. Il comico genovese ha sottolineato il rischio che vengano presto inaugurati gli "Italian Squid Game" se il Paese non disporrà al più presto di un reddito universale.
In un articolo sul suo blog Grillo ha messo in correlazione la situazione descritta nella serie tv coreana Squid Game e il contesto italiano ed europeo sottolineando che di fronte a un contesto caratterizzato da problemi di sviluppo, da una forte disuguaglianza e dall'impatto delle nuove tecnologie il "reddito di base universale è l’unica soluzione per avere equità, benessere e libertà".
"Con l’aumentare delle disparità di reddito e dell’ascesa tecnologica, che continua a spazzare via posti di lavoro, e con i danni reali e silenziosi che la Pandemia ha portato con sé, cosa ci sarà per i nostri giovani affamati di futuro?", si chiede Grillo. Domanda più che legittima, ma a cui il fondatore del Movimento Cinque Stelle offre la risposta sbagliata.
Grillo come spesso accade mostra di non avere padronanza dei concetti basici di diversi scenari politici ed economici. Scrive che le disuguaglianze sono una delle grandi questioni del genere umano odierno, denuncia che "il patrimonio del 5% più ricco degli italiani che è superiore a tutta la ricchezza detenuta dall’80% più povero" ma finisce per proporre una soluzione che queste disuguaglianze e queste dinamiche finirebbe per accettarle come strutturali. E così facendo ritorna alle origini del Movimento, a una proposta cara non solo a lui ma anche, e soprattutto, al guru pentastellato Gianroberto Casaleggio: l'idea di un reddito slegato dal lavoro, ammortizzatore per i cittadini in una società sempre più governata dalle macchine, una panacea redistributiva di fronte all'impossibilità per i singoli di partecipare attivamente al processo di crescita e sviluppo. A ben guardare, un fattore di consolidamento delle disuguaglianze, non di loro alleviamento.
L'idea di Grillo altro non é che la concezione originaria del reddito di cittadinanza propria dell'universo pentastellato e molto diverso dalla versione approvata dal governo gialloverde nel 2018. Una concezione che anche un politologo di sinistra in passato vicino ai pentastellati come il professor Aldo Giannuli ha da sempre rubricato come errata: "pare che si tratti di una misura antipopolare, utile solo a far digerire il sistema di diseguaglianze che si è formato", scriveva nel 2017 sul suo blog Giannuli mentre nel Movimento il dibattito sul reddito era animatissimo, criticando in particolar modo l'ipocrisia di pensare a questa mossa come a una sponda per le nuove generazioni: "pretendiamo dai giovani lavoro senza retribuzione (fra stage, tempo di lavoro a scuola, volontariato) però pensiamo di dare un reddito in cambio di nessun lavoro", vera e propria forma di marginalizzazione delle nuove generazioni".
Queste critiche valgono ancora oggi mentre Grillo ripropone l'ennesimo accostamento errato e, anzi, mostra anche una povertà culturale e una sostanziale mancanza di chiarezza politica: se in diversi contesti la serie Squid Game con le sue immagini di "cittadini indebitati disposti a fare qualsiasi cosa per soldi, incluso mettere a rischio la propria vita", in cui "coloro che lottano attraverso le sfide della vita quotidiana vengono lasciati indietro, mentre i vincitori salgono di livello" può rappresentare una metafora della realtà, nel nostro Paese fortunatamente le cose stanno in maniera ben diversa. Pensiamo al ruolo decisivo giocato dal risparmio privato nel definire il perimetro di difesa di milioni di cittadini dai morsi della crisi. Pensiamo agli sforzi di lavoratori e imprenditori contro le ondate recessive e la pandemia. Pensiamo alla presenza di un welfare strutturato soprattutto il patrimonio della sanità e dell'istruzione pubblica, veri e propri fattori di redistribuzione implicita che molti Paesi si sognano.
Il Sole 24 Ore in una recente analisi ha mostrato che i cittadini italiani, sul fronte privato, sono ben lungi dall'essere indebitati come quelli di altre nazioni europee e occidentali: il rapporto tra il debito detenuto dalle famiglie italiane e il Pil del Paese è pari al 41%, contro il 59% della Spagna, il 60% della Francia, il 75% degli Usa, l'87% del Regno Unito, l'89% della Svezia e il 102% dell'Olanda. A testimonianza di una situazione che da questo punto di vista, fortunatamente, non desta preoccupazioni eccessive.
Anzi, in quest'ottica l'idea del reddito universale finirebbe per rappresentare un volano alle disuguaglianze. Farebbe convergere verso il basso la contrattazione salariale, darebbe una legittimazione di fatto all'estrazione di valore propria del settore tecnologico, slegherebbe il lavoro dal suo valore sociale: creare una realizzazione per i cittadini, promuovere ascesa sociale e consolidamento patrimoniale, contribuire alla crescita dell'economia. Come sulla transizione ecologica, anche sul reddito universale Grillo sogna un mondo livellato verso il basso, in cui i cittadini perdono di fatto il libero arbitrio di determinare le proprie sorti attraverso la formazione e l'impegno. E l'inganno in cui cade l'Elevato pentastellato è quello in cui sono in passato stati colti diversi guru politici ed economici del mondo liberal-progressista: chissà cosa penserebbe un redivivo Karl Marx del fatto che nel mondo c'è chi vede nell'abbandono del lavoro una forma di resistenza alle disuguaglianze.
Probabilmente, piuttosto che ascoltare discorsi del genere il filosofo di Treviri preferirebbe partecipare a quelli Squid Game la cui versione all'italiana, nonostante gli allarmismi di Grillo, è ben al di là dal manifestarsi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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