Stadio, gli atti irregolari della giunta Raggi. Ecco che cosa non torna

Il ministro Toninelli: "Verificheremo l'iter". Lanzalone si fece presentare Conte il 2 Giugno

Stadio, gli atti irregolari della giunta Raggi. Ecco che cosa non torna

«Abbiamo ereditato un progetto monstre dalle amministrazioni precedenti che non potevamo cancellare, ma solo migliorare in modo netto». Il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, ha cercato di depotenziare la portata dello scandalo relativo allo Stadio della Roma rivendicando come la giunta Raggi abbia dimezzato le cubature iniziali (da un milione a 500mila metri cubi) e promettendo «un passaggio di verifica sulla regolarità degli atti amministrativi». In pratica, il ministro pentastellato ha smentito un altro esponente M5s, l'assessore all'Urbanistica di Roma, Luca Montuori, che ha evidenziato come «nessuna parte della procedura è toccata dall'inchiesta». E in un'informativa dei Carabinieri del 6 giugno, pubblicata da Tiscali Notizie, l'ex presidente di Acea, Luca Lanzalone, afferma che durante la parata militare del 2 giugno gli è stato presentato il premier «da cui una volta insediato avrò bisogno della firma sui fanghi». Può trattarsi di un riferimento ai residui degli scavi per lo stadio come di un accenno ai sottoprodotti della depurazione delle acque effettuata dall'utility capitolina.

Il clamore mediatico ha fatto passare in secondo piano la carenza di legittimità delle delibere della giunta di Virginia Raggi che hanno portato all'approvazione del progetto e della variante al piano regolatore. In primo luogo, il taglio delle cubature ha comportato un enorme risparmio per il proponente Luca Parnasi. Con un milione di metri cubi gli oneri di urbanizzazione si sarebbero aggirati attorno a 400 milioni di euro da garantire con una fideiussione alla firma della convenzione. Importo difficilmente finanziabile per un'area che, escluso lo stadio, è poco appetibile visto che negozi e uffici vivono ancora un momento di magra sul mercato immobiliare.

In secondo luogo, la giunta e il consiglio comunale di Roma hanno approvato il riconoscimento di 100mila metri quadri di superficie utile lorda in cambio di opere di urbanizzazione senza disporre del progetto definitivo in palese violazione di una delibera dell'Authority per i lavori pubblici (oggi diventata l'Anac di Raffaele Cantone). Allo stesso modo, il Comune aveva riconosciuto 98 milioni di contributo straordinario per le opere stesse non solo prima dell'approvazione del progetto definitivo, ma anche in deroga alle previsioni del nuovo Codice degli appalti.

Come già rivelato dal Giornale, la delibera sulla variante al piano regolatore non tiene conto della classificazione R3 e R4 (aree inedificabili) di Tor di Valle. In quella zona non si può costruire causa rischio idrogeologico a meno che non la si metta in sicurezza preventivamente. Non è un caso che alla delibera consiliare dell'anno scorso sia allegato un parere dell'Ufficio tecnico comunale nel quale si solleva la questione. Senza contare che la variante dà per eseguita la realizzazione di un ponte per l'accesso alla zona che richiederà un decennio tra espropri e cause.

Anche se in questi casi la responsabilità penale e amministrativa è politica, secondo fonti bene informate, l'Ufficio tecnico della Capitale starebbe evitando di firmare atti relativi allo stadio. Sarebbe un'ulteriore dimostrazione di come Raggi&C. non siano stati troppo diligenti in materia.

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