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Stato a corto di liquidi e torna la gogna fiscale: ingorgo da 8 miliardi

Nessuna proroga per i versamenti di agosto. Gelmini (Fi): i contribuenti si indebiteranno

Stato a corto di liquidi e torna la gogna fiscale: ingorgo da 8 miliardi

In una situazione che di normale ha poco, il calendario del fisco rientra nell'ordinaria amministrazione e la macchina della riscossione torna a girare a pieno ritmo. Entro oggi scade il termine per i versamenti fiscali scaduti il 20 luglio, con la consueta maggiorazione dello 0,4%. Sono circa 50, dal saldo e acconto Irpef, Ires e Irap all'Iva periodica al saldo della cedolare secca.

La prima scadenza era stata spostata da giugno al mese scorso. Nessuna modifica invece per l'appuntamento agostano. A vuoto gli appelli dei commercialisti per una moratoria estesa oltre l'autunno, che avrebbe consentito ai contribuenti di tirare il fiato e ai professionisti di mettersi in paro dopo mesi passati a fare lavoro extra. Ad esempio, per sbrogliare le matasse burocratiche delle misure per l'emergenza covid.

Il 40% dei contribuenti, pari a 4,5 milioni aveva già pagato entro la scadenza di luglio. Quindi mancherebbe all'appello il restante 60% su un totale di 4,5 milioni, pari a circa 2,7 milioni di soggetti.

Impossibile stimare l'importo che è stato versato nei termini fissati dalla legge, e di conseguenza sapere quanto degli 8,4 miliardi di euro di gettito atteso arriverà entro domani.

Massima attenzione al ministero dell'Economia. Il ministero Roberto Gualtieri nei giorni scorsi aveva smentito un allarme liquidità, ma è indubbio che un gettito inferiore alle previsioni creerebbe problemi. Per lo stesso motivo, cioè per garantire alle casse dello stato un flusso di entrate sufficiente, non è stata spostata né la scadenza di oggi né quelle future. A rischio non sono i conti della legge di Bilancio e quindi il deficit, che sono calcolati secondo la competenza. Le entrate modificano la cassa. Se vengono meno il Tesoro deve finanziarsi sul mercato, emettendo titoli di debito.

Considerando che entro i prossimi tre anni ci saranno già 300 miliardi da reperire sul mercato per finanziare il deficit creato dalle misure di risposta agli effetti economici della pandemia e che, nonostante il pressing di Pd e dicastero dell'Economia, a quanto pare i Cinque stelle nono vogliono accettare i 36 miliardi del Mes per finananziare la spesa sanitaria, non è aria.

Non è invece escluso che il governo decida una proroga ex post della scadenza di oggi, una volta constatato il basso gettito nel versamento. Un'ingiustizia, come denunciano da tempo anche dalle pagine del Giornale i commercialisti, visto che si penalizzerebbero i contribuenti che hanno rispettato la scadenza.

A pagare il prezzo maggiore saranno famiglie e imprese in difficoltà a causa delle conseguenze della pandemia da coronavirus e del lockdown, denuncia Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati. Il governo «è sordo alle richieste di liberi professionisti e commercialisti. Palazzo Chigi, Mef e Agenzia delle Entrate hanno rigettato l'ipotesi di un rinvio. Tanti cittadini, dopo mesi di lockdown, dovranno indebitarsi per pagare le tasse. Un controsenso davvero inaccettabile».

«Saranno ancora una volta professionisti e partite Iva a contribuire a salvare il buco da mancato gettito fiscale nazionale», ha commentato Roberto Pella, capogruppo di Forza Italia in Commissione Bicamerale per le Questioni Regionali.

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