Stop di Vietti ai pm politici: "Divieto di tornare in toga"

L'ex numero due del Csm illustra la tesi nel suo ultimo libro: "Servono regole e vincoli più rigidi"

Stop di Vietti ai pm politici: "Divieto di tornare in toga"

Roma - «Se un magistrato sceglie la strada della politica deve percorrerla fino in fondo, ovunque questa lo porti, accettandone tutti i rischi e senza poter più tornare indietro». Non ha dubbi Michele Vietti, già sottosegretario alla Giustizia e all'Economia, vicepresidente del Csm e deputato Udc. Il tema caldo di questi giorni, l'«incrocio pericoloso» tra magistrati e politica, è al centro del suo libro Mettiamo giudizio (Università Bocconi ed.), che sarà presentato martedì in Cassazione dal Guardasigilli Andrea Orlando, autore della prefazione. Dopo il caso Minzolini, la cui decadenza da senatore per una condanna definitiva è stata negata dal Senato anche per la presenza nel collegio giudicante di un magistrato ex parlamentare, Giannicola Sinisi e nel mezzo delle polemiche sul caso Emiliano, lo sfidante di Matteo Renzi alla segreteria Pd sottoposto a procedimento disciplinare al Csm per aver fatto politica da anni senza lasciare la toga, la questione sempre scottante è tornata alla ribalta. E lunedì arriva alla Camera il ddl bipartisan Palma-Casson, passato in Senato nel 2014, che arriverà al voto ad aprile per mettere paletti alle «carriere parallele» delle toghe politiche.

Vietti ha guidato tra il 2015 e il 2016 la Commissione per la riforma dell'ordinamento giudiziario, su incarico di Orlando e nel libro ne espone le proposte: «Vincoli più rigidi» per colmare la lacuna normativa, «qualche semaforo e qualche strettoia sul percorso che porta dalle aule di tribunale a quelle parlamentari, consiliari o governative, percorso che attualmente rischia di assomigliare a un'autostrada senza caselli, ma non per questo non a rischio incidenti». Il rientro in ruolo dopo l'esperienza politica dovrebbe avvenire non solo nel distretto di una regione diversa di quella in cui si è esercitato in toga, ma neppure «limitrofa» e solo per incarichi collegiali, non direttivi o semidirettivi, per 5 anni prima del trasferimento.

Personalmente, però, l'avvocato e giurista ha una posizione ancor più rigida. Per lui, non sarebbe contro la Costituzione «se si stabilisse che le due carriere, quella di magistrato e di politico, sono ontologicamente incompatibili in nome dell'antinomia logica tra l'essere super partes del primo e l'essere di parte del secondo», oltre che per la separazione dei poteri. «Si partecipa al campionato - scrive Vietti - come giocatore o come arbitro, tertium non datur».

Perché «tra l'interesse del cittadino-magistrato a mantenere il suo posto di lavoro e quello della collettività ad avere dei magistrati imparziali, deve prevalere il secondo».

In conclusione, propone che per l'ex magistrato sia solo garantita «una collocazione di pari livello retributivo e con il rispetto delle sue competenze specifiche in un'altra amministrazione pubblica».

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