C'è una mamma che ha perso quattro figli, quattro bambini, la mattina del 12 novembre 1998. Oggi che potrebbe riaverli è ormai tardi. Troppo tardi. Il disastro giudiziario e umano è compiuto. Lorena Morselli era innocente: ieri sera la Cassazione chiude definitivamente una vicenda terribile andata avanti per sedici, lunghissimi anni. Sedici anni in cui ai quattro ragazzini era stato spiegato che i genitori, Lorena e il marito Delfino, morto d'infarto nell'estate del 2013, erano una coppia di pedofili. Due mostri, o qualcosa del genere, da inserire nella turpe storia di abusi portata a galla dalla procura di Modena nella Bassa Modenese. I bambini col tempo avevano puntato il dito contro mamma e papà, aggravando, se possibile, le accuse.
Non era servita la mobilitazione di mezzo paese a favore di quei due genitori miti e premurosi: gran lavoratore lui, impegnata nel sociale e in chiesa lei. Non erano bastati gli attestati di stima del parroco, degli amici, della gente che voleva loro bene e trovava semplicemente lunari quei capi d'imputazione.
Purtroppo è andata com'è andata. Con un andamento che si potrebbe definire scandaloso se l'aggettivo non fosse ormai logoro e inutilizzabile: in primo grado, nel 2002 su Lorena e Delfino cala una condanna pesantissima. Dodici anni a testa. Loro chiedono giustizia, vogliono essere processati al più presto ma l'appello non arriva mai. Intanto si sono trasferiti, per paura di nuove incursioni della magistratura, in Provenza. Qui nasce Stefano, il quinto figlio che non ha mai conosciuto i fratelli.
La storia della pedofilia nella Bassa si ridimensiona e anzi in parte si sgonfia: don Giorgio Govoni, il prete travolto dall'inchiesta, muore nello studio del suo avvocato alla vigilia della sentenza che gli restituirà, postumo, l'onore. Delle fantomatiche messe nere non c'è traccia come pure dei bambini che sarebbero morti nel corso di spaventose cerimonie e tenebrosi sacrifici nel segno di Satana.
Lorena si dispera e piange, arrivando a dire parole durissime. Di pietra: «I genitori che perdono un figlio hanno almeno una tomba su cui piangerlo. Io nemmeno quella. Non so dove siano, se mando una lettera mi torna indietro, se spedisco un regalo per il compleanno o il Natale me lo restituiscono. E ci poi tormentano con queste contestazioni devastanti». L'assoluzione arriva, finalmente, il 24 settembre 2010. Dopo dodici anni. Paradosso di una storia inguardabile, Lorena e Delfino non hanno fatto un giorno di galera. La giustizia ha tolto loro i figli e li ha sigillati nel dolore e nella sventura ma non è andata oltre.
I quattro bambini sono diventati o stanno diventando uomini e donne. Ormai sono quasi tutti maggiorenni. E il legame con la famiglia d'origine non esiste più. E' stato cancellato dai verbali, dagli interrogatori, dal clima avvelenato e dall' assoluta estraneità che si è creata ed è stata mantenuta nel tempo. Come davanti a un'epidemia e al rischio di contagio. Col divieto assoluto di comunicare fra i genitori accusati e i figli accusatori. E l'affettività sprangata nel modo più assoluto. Senza spiragli. Così sino alla fine. Fino a ieri quando la Cassazione, dopo un secondo giro in appello, fa calare il sipario. «Apprezzo il verdetto - dice Lorena Morselli al Giornale - ma alla mia infelicità di madre non c'è più alcun rimedio. Sarà felice Delfino che ormai è in cielo e poi c'è Stefano che vorrebbe incontrare i fratelli. Io ci ho provato ma loro non mi vogliono vedere. Li ho visti una volta sola in un'aula di tribunale e si sono girati dall'altra parte. E' una situazione che non si può descrivere.
Perchè io sono rimasta a quella mattina di novembre: la colazione, i biscotti, le cartelle da preparare prima di andare a scuola». L'avvocato Cristina Tassi, che ha sempre difeso i coniugi, ora pensa al passo successivo: «Il danno esistenziale subito dalla signora Morselli è quasi incalcolabile. Presto faremo causa allo Stato».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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