Coronavirus

Stretta sull'autocertificazione. Ora la quarantena va dichiarata

Nuovo modulo del Viminale: bisogna specificare se non si è in isolamento. Solo ieri denunciate 7.890 persone

Stretta sull'autocertificazione. Ora la quarantena va dichiarata

Cambia il modulo delle autocertificazioni che bisogna compilare e portare con sé ogni volta in cui si esce di casa per giustificare il proprio spostamento. Alle quattro voci già esistenti (motivi di salute, comprovate esigenze di lavoro, situazioni di necessità, rientro nel proprio domicilio o residenza) se ne aggiunge un'altra in cui si autodichiara che non ci si trova sottoposti alla misura della «quarantena» e di non essere risultato positivo al Covid-19. Un modo per accertare che la persona fermata non stia violando l'isolamento di 14 giorni disposto dall'autorità sanitaria per chi è stato trovato positivo al coronavirus o per chi è entrato in contatto con una persona contagiata. Il modulo è stato pubblicato ieri ed è scaricabile dal sito del Ministero dell'Interno. È previsto «che l'operatore di polizia controfirmi l'autodichiarazione, attestando che essa viene resa in sua presenza e previa identificazione del dichiarante. In tal modo il cittadino viene esonerato dall'onere di allegare all'autodichiarazione una fotocopia del proprio documento di identità».

La novità si è resa necessaria perché ci sono state individuate persone che hanno violato la quarantena sanitaria e che dunque, da positive al virus, uscendo potrebbero aver contagiato altre persone: sono state denunciate. Il reato è concorso colposo in epidemia.

L'autocertificazione va portata sempre, può essere utilizzato lo stesso foglio per un tragitto ripetuto, come quello casa-lavoro. Chi non rispetta i divieti incorre in un'ammenda fino a 206 euro e rischia l'arresto fino a tre mesi con una denuncia per reati dolosi contro la salute pubblica.

La linea del Viminale è stringere ulteriormente le maglie dei controlli in una fase in cui l'allerta sulle nuove dispozioni deve restare alta per contenere il contagio. Le raccomandazioni sono quelle di evitare gli spostamenti se non per motivi urgenti e davvero necessari, limitare al massimo i contatti e restare nelle proprie abitazioni. Da cui si può uscire, sempre muniti di certificato (anche quando si è a piedi), per fare la spesa, per andare in farmacia, o per gravi motivi familiari o di salute. Anche ieri la protezione civile ha ribadito che restare a casa ora è «l'unico modo per provare a uscire dall'emergenza».

Nonostante le regole e gli appelli molti continuano a uscire per motivi non necessari. Gli ultimi dati del Viminale del 16 marzo contano 172.720 persone controllare e 7.890 denunciate solo ieri per «inosservanza ai provvedimenti dell'Autorità», il 13,5 per cento in più rispetto al giorno prima. Altre 229 sono state denunciate per «falsa attestazione o dichiarazione a pubblico ufficiale» o «false dichiarazioni sulla identità». Sono stati verificati anche 97.551 esercizi commerciali, diversi quelli trovati aperti nonostante lo stop: 217 titolari sono stati denunciati e per 22 negozi è stata disposta la sospensione dell'attività.

No dunque a permanenze prolungate all'aperto, si può uscire per portare fuori il cane per lo stretto tempo necessario e rimanendo vicino alla propria abitazione. La passeggiata deve essere intesa più come una «boccata d'aria» da soli, se si è in due bisogna stare distanti almeno un metro. L'attività motoria all'aperto, come la corsa, è consentita, da soli. Ma se troppe persone si assembrano nello stesso posto per correre si violano le disposizioni e si vanifica l'azione di contenimento del contagio. Lo ha dovuto ricordare ieri anche il prefetto di Milano Renato Saccone che ai cittadini ha chiesto più rigore: «Si devono ridurre le presenze nei parchi. Ci sono ancora troppi che corrono, troppe persone che interpretano in vario modo il loro diritto di passeggiare e di portare i cani a spasso. Questo non va bene». Nonostante le chiusure delle aree verdi recintate, in molti escono.

«Milano è un baluardo», con un tasso di contagio ancora relativamente basso che «va mantenuto così, altrimenti il rischio è che tutto il servizio sanitario regionale possa essere compromesso».

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