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Stretta sulle imprese in fuga. In arrivo multe e "lista nera"

Il governo al lavoro sul dl anti-delocalizzazioni. Nella bozza previste sanzioni pari al 2% del fatturato

Stretta sulle imprese in fuga. In arrivo multe e "lista nera"

Sanzioni e black list contro le delocalizzazioni «aggressive» e licenziamenti comunicati dall'oggi al domani ai lavoratori, da parte di aziende che seppur non in crisi decidano comunque di lasciare l'Italia, magari dopo aver incassato contributi pubblici. Non è ancora chiaro se potrà applicarsi alle vertenze più complesse in corso al Ministero dello Svilippo Economoico - a partire da Whirlpool che ha di recente annunciato la chiusura dello stabilimento di Napoli con 350 dipendenti - ma il governo Draghi accelera per portare il decreto anti-delocalizzazioni in consiglio dei ministri tra la fine di agosto e l'inizio di settembre.

Il provvedimento è ancora allo studio del ministro del Lavoro Andrea Orlando (Pd) e della vice ministra per lo Sviluppo economico Alessandra Todde (M5s), con un occhio alle ricadute che una sua possibile applicazione potrebbe avere sui alcuni tavoli aperti come Gkn e Gianetti Ruote.

Di certo è l'arma su cui punta l'esecutivo per arginare future crisi occupazionali e «scoraggiare comportamenti speculativi». Contando su un effetto deterrente dato da multe e sanzioni che arriverebbero fino al 2 per cento del fatturato e i «precisi obblighi» da rispettare per chi decide di chiudere che sono previsti nella bozza del decreto.

«Chi non è in crisi e vuole tagliare, puó farlo. Ma dovrà seguire un percorso ordinato, che coinvolga le parti sociali e favorisca l'arrivo di nuovi imprenditori - spiega la viceministra allo Sviluppo economico Alessandra Todde - Il nostro obiettivo non è colpire le ristrutturazioni tout court. Non vogliamo colpevolizzare chi fa turnaround perché deve passare a modelli produttivi diversi, non abbiamo di certo in testa imprese che vivano di sussidi. La competitività è l'obiettivo, ma atteggiamenti puramente speculativi non sono piú accettabili».

Il provvedimento dovrebbe valere per le aziende con un numero di dipendenti «superiore o uguale - recita la bozza - a cinquanta/centocinquanta», ma la cifra definitiva ancora non c'è.

Uno dei «percorsi obbligati» per chi decide di chiudere è la comunicazione preventiva della scelta: l'impresa deve dare un preavviso di 6 mesi alle istituzioni competenti. Dovrà poi entro un mese nominare un advisor che sarà l'interlocutore delle istituzioni. Spetterà a questo entro tre mesi dalla comunicata intenzione di fermare l'attività presentare un piano di salvaguardia dei livelli occupazionali e avviare un percorso di reindustrializzazione per cercare per almeno tre mesi un potenziale acquirente. E per le aziende che hanno usufruito di agevolazioni o contributi pubblici e che decidono di delocalizzare anche se non in crisi, scattano le sanzioni. Se hanno ricevuto denaro pubblico nei 3/5 anni precedenti e violano l'obbligo di preavviso e i paletti della procedura di reindustrializzazione, la sanzione sarà pari al 2% del fatturato dell'ultimo esercizio - che andrà in un Fondo a cui si attingerà per supportare iniziative trasformazionali del business e politiche di sviluppo e formazione per la ricollocazione del personale.

Non solo l'azienda che chiude senza rispettare le norme contenute nel decreto in via di definizione finirà in una sorta di «black list» insieme con le altre società controllate o parte dello stesso gruppo industriale.

Tutte per 3 anni non potranno accedere a finanziamenti o strumenti di incentivi pubblici nazionali o attingere agli ammortizzatori sociali.

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