Il Veneto scoppia. È già scoppiato. Le polveriere pronte a esplodere in terra veneta sono quattro: l'ex base militare di Conetta, nel veneziano, con quasi 1500 profughi, l'ex caserma San Siro di Bagnoli di Sopra nel padovano con 870 persone, l'ex caserma Zanusso di Oderzo, nel trevigiano, con 300 richiedenti asilo e l'ex Serena, a Dosson di Casier, sempre nel trevigiano che ha ormai occupato ben oltre la sua effettiva capienza. Fino a novembre scorso erano quasi 500. Il Veneto è la seconda regione, dopo la Lombardia, con più rifugiati. È oltre quota 14.500. E basta aggirarsi per qualche campo o qualche centro di accoglienza per capire la situazione. Migranti con gli occhi che sembrano essere sempre più cattivi. Dopo l'esplosione della rivolta a Conetta, la tensione è alta. I veneti hanno paura, anche solo a camminare per strada e in qualunque modo tentano di riprendersi la propria libertà. Come la settimana scorsa. Durante la fiaccolata di protesta contro la realizzazione di un centro di accoglienza nell'ex polveriera di Volpago del Montello (Treviso) è apparso in prima linea lo striscione «Benvenuti sul Montello: sarà il vostro inferno». L'ex polveriera, infatti, che dovrebbe ospitare circa cento richiedenti asilo, si appresterebbe a diventare il terzo hub della Marca Trevigiana. La situazione non è più sostenibile e i sindaci scendono sul piede di guerra. Come Gianluca Piva, primo cittadino di Agna, comune padovano, che pur non ospitando profughi, ne è accerchiato. Un caso curioso, unico in Italia, circondato dai due centri più grandi del Veneto: Conetta e San Siro. In soli sei chilometri, ci sono duemila richiedenti asilo.
«Abbiamo bussato a tutte le porte istituzionali ci dice Piva e ci siamo appellati alle massime cariche dello Stato, ma finora niente. Solo promesse. Queste due ex caserme tuona vanno chiuse e basta. Ora alziamo i toni».
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