Magistratura

Stroncò gruppo della Sacra Corona. Minacce di morte alla giudice

La testa di un capretto spedita alla gip, aveva già subito intimidazioni

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Una testa di capretto con un coltello infilzato. E un biglietto: «Così». Chiaro messaggio quello recapitato alla giudice leccese Maria Francesca Mariano che a luglio, assieme alla pm della Dda Carmen Ruggiero, ha stroncato un gruppo di fuoco della Sacra Corona Unita, il clan sanvitese Lamendola - Cantanna.

Il gip, che ha già subìto un'aggressione durante un interrogatorio, è sotto scorta da novembre, quando le viene recapitato un biglietto di morte scritto col sangue. Il «presente» lasciato giovedì notte davanti la porta della sua abitazione è agli atti della squadra mobile e della Digos leccese che hanno avviato le indagini. Un riferimento al demonio, secondo i criminali che sperano di fermare indagini delicatissime sulla criminalità organizzata che opera sul territorio di San Vito dei Normanni con estorsioni, traffico di droga, attentati.

È la Mariano a firmare le ordinanze di custodia cautelare per 22 persone accusate di associazione a delinquere di stampo mafioso il 17 luglio scorso, spedendo in cella boss e soldati della famiglia Lamendola. Originaria di Galatina, la Mariano diventa a soli 24 anni la più giovane magistrata d'Italia. Prima di essere incaricata delle indagini preliminari è una componente della Corte di Assise di Lecce. Assieme alla Ruggiero, partendo da tentati omicidi e sparatorie varie, apre un'indagine su un clan della Scu conclusa 7 mesi fa con l'operazione «Wolf» dei carabinieri. Nel decreto di arresto viene sottolineato il metodo di lavoro del capo, Gianluca Lamendola, basato su una violenza «ragionata» e l'intimidazione. Scrive la Mariano, a conclusione dell'ordinanza di custodia cautelare: «I pestaggi, le estorsioni, i tentati omicidi, in 44 imputazioni che comprendono reati di maggior disvalore penale, sono tutti comportamenti espressione di una forza di intimidazione che aveva piegato il territorio sanvitese al volere dei Lamendola». L'inchiesta fotografa le attività del sodalizio mafioso dal luglio 2020 a quasi tutto il 2022. Per 15 dei 22 indagati viene contestato il 416 bis, l'associazione mafiosa. Al ramo mesagnese della Scu, referenti Antonio Vitale, Massimo Pasimeni e Daniele Vicientino, viene affiliato Carlo Cantanna, nonno di Gianluca Lamendola già condannato per associazione mafiosa. Le zone assegnate al clan sono Brindisi, San Vito Dei Normanni, Latiano, Fasano, San Pancrazio Salentino, Carovigno e San Michele Salentino. Per la Dda al vertice del gruppo c'è Gianluca Lamendola, 34 anni.

Nonostante l'età, l'uomo impone la propria leadership dichiarando guerra al rivale Francesco Turrisi, 47 anni, colpevole, secondo un pentito, di aver fatto uno sgarro su un affare di droga. Lamendola fa paura e Turrisi viene messo da parte. La violenza imposta dal boss, secondo la Procura, «non è mai fine a se stessa ma deve sempre avere uno scopo».

Le intimidazioni, a quanto pare, anche.

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