Stupro a San Zenone. Arrestato un 25enne: aiuto cuoco maliano al centro accoglienza

Incastrato dal Dna, era già segnalato per lesioni. Aveva un permesso temporaneo

Stupro a San Zenone. Arrestato un 25enne: aiuto cuoco maliano al centro accoglienza
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Un frame dai filmati di sorveglianza e il match tra due campioni di Dna: quello trovato sugli abiti della vittima e quello prelevato al sospettato. Poi a stretto giro sono scattate le manette per Harouna Sangare, 25 anni, nato in Mali. Nella tarda serata di mercoledì la Procura di Lodi, guidata da Laura Pedio, ha disposto il suo fermo per lo stupro di una 18enne nella notte fra il 30 e il 31 agosto, a pochi passi dalla stazione di San Zenone al Lambro. Il giovane, titolare di un permesso di soggiorno per protezione sussidiaria, lavorava come aiuto cuoco in una casa di accoglienza per migranti che si trova proprio nel piccolo centro non lontano da Milano. In passato era stato segnalato per lesioni e maltrattamenti.

Il 25enne è accusato di violenza sessuale aggravata dalla minorata difesa e lesioni. A dieci giorni dall'aggressione è stato rintracciato dai carabinieri di San Donato Milanese e del Nucleo operativo e radiomobile, coordinati dal pm Martina Parisi. Gli investigatori sono partiti dalla descrizione - molto scarna, visto lo stato di choc - fornita dalla vittima. Hanno incrociato le immagini delle telecamere che hanno ripreso l'indagato che si allontanava dal luogo dello stupro con quelle che lo ritraevano mentre rientrava alla casa di solidarietà Papa Francesco, che accoglie più di duecento migranti, poco dopo la mezzanotte. Il gestore della struttura ha dato un nome a quel volto. Quando alcuni giorni dopo la violenza i carabinieri hanno prelevato il Dna a tutti gli ospiti del centro di accoglienza, Sangare non era più lì. A San Zenone infatti sostituiva un collega ed era quindi tornato nella struttura in zona Gratosoglio a Milano, gestita sempre dalla onlus Fratelli San Francesco, dove lavora.

È qui che i militari lo hanno trovato mercoledì e lo hanno portato in caserma, dove ha accettato di farsi prelevare il Dna. In poche ore il Ris di Parma, grazie ai primi rilievi della Sezione investigazioni scientifiche del Nucleo investigativo di Milano, lo ha comparato con le tracce biologiche trovate sui vestiti della 18enne e hanno trovato la corrispondenza. A quel punto è arrivato il fermo. "Riteniamo che gli elementi acquisiti siano sufficienti a ritenere che il fermato sia il responsabile dei fatti - ha spiegato ieri il procuratore Pedio -. Compatibilmente anche con il tipo di accertamenti fatti, il risultato dell'indagine è avvenuto in tempi molto rapidi". È emerso che il fermato, che ha moglie e figli ed è difeso dall'avvocato Marco Moscatiello, è stato segnalato in passato per percosse, lesioni e maltrattamenti sulla compagna. È arrivato in Italia nell'estate 2024, passando per l'hotspot di Lampedusa. "Da quello che risulta a noi - continua Pedio - ha uno status di protezione sussidiaria che dovrebbe essergli stata data dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale". Il procuratore ha concluso: "I reati di strada sono connotati da un elevato livello di violenza. Nelle strade abbiamo violenze sessuali, rapine, aggressioni e anche omicidi. Il tasso di violenza tipico di questi reati di strada sicuramente rappresenta un pericolo per la sicurezza di tutti. Per noi investigatori è fondamentale avere telecamere, averne tante e funzionanti", cioè ben curate dalle amministrazioni. A San Zenone infatti era guasta quella del parcheggio dietro la stazione, dove si è consumata la violenza durata circa un'ora. E Paolo Zupi, comandante della compagnia carabinieri di San Donato: "Sulla base della testimonianza della vittima i carabinieri hanno avuto un'intuizione investigativa importante, perché hanno immediatamente concentrato le attenzioni sul centro di accoglienza di San Zenone".

Infine il procuratore ha ringraziato il direttore della Fondazione Fratelli di San Francesco, Bledjan Beshiraj, che "ha collaborato attivamente con gli investigatori, ci ha consentito di entrare con tranquillità nella comunità, di acquisire i tamponi genetici degli ospiti, ha collaborato anche nel fornirci le telecamere e ci ha supportati nell'identificazione della persona".

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