Quando la moglie l'ha trovato, impiccato con una corda al balcone di casa, ha capito subito che era stato per colpa della banca, la sua filiale, quella dove era cliente da 50 anni e alla quale aveva affidato i risparmi di una vita. Andati in fumo. E lui non ci dormiva più. Le aveva provate tutte per cercare di avere indietro il suo capitale, 110mila euro messi da parte lavorando all'Enel fino alla pensione.Tutto inutile, come ha lasciato scritto nel suo computer prima di suicidarsi. Quel duro atto di accusa contro la banca, che aveva cambiato da basso rischio ad altissimo il suo profilo di investimento impedendogli con varie scuse di rientrare in possesso dei suoi soldi, è ora sul tavolo del pm Alessandra D'Amore. La Procura di Civitavecchia, infatti, ha aperto un'inchiesta per istigazione al suicidio per la morte di Luigino D'Angelo, come chiesto anche dalle associazioni dei consumatori. Era il 28 novembre quando ha deciso di farla finita, ma da doloroso fatto di cronaca locale la vicenda è diventata di rilevanza nazionale nel momento in cui è stato chiaro a tutti che il suicidio del pensionato era legato al decreto «salva-banche», che azzerando le azioni e le obbligazioni subordinate ha mandato in rovina migliaia di risparmiatori. Il signor Luigino era uno di quelli e la sua banca una delle quattro a rischio fallimento. I suoi amici lo ricordano come «una persona solare, con mille passioni, che amava la vita, lo sport e il ballo». Ma questa storia lo stava logorando, come risulta dalla lettera. Tutti quei tentativi di rientrare in possesso del denaro andati a vuoto, le rassicurazioni della banca che non lo rassicuravano affatto, la consapevolezza che il responsabile titoli non gli raccontasse la verità. Un calvario. «Non è per i soldi, ma per lo smacco subito, per la dignità rubata», ha lasciato scritto. E poi un resoconto preciso e lucido del «comportamento criminale» della banca, delle sue visite in filiale, degli appuntamenti per cercare di venire a capo della questione in qualche modo, delle risposte che non arrivavano. Ora quelle risposte il direttore le dovrà dare al magistrato che indaga per verificare se ci siano responsabilità penali dietro al suicidio. Per ora in filiale mantengono il basso profilo. Il direttore non c'è, la vicedirettrice invita a rivolgersi all'ufficio stampa. «Di questa storia non so niente - dice - umanamente siamo molto colpiti, ma non posso dire altro». Nulla neanche sull'attestato di rischio che D'Angelo avrebbe firmato per sollevare la banca dalle responsabilità per poi pentirsene, senza riuscire ad averlo indietro quel pezzo di carta, come racconta la vedova, la signora Lidia. «Non so di quale documento parli la signora - sostiene la vicedirettrice - ma ai clienti si fanno sempre firmare informative sui rischi quando fanno gli investimenti».Nel giardino del villino di via Ugo La Malfa, una stradina alla periferia di Civitavecchia, c'è ancora lo scooter di D'Angelo, coperto con un telone. In casa c'è la suocera novantenne. Nel primo pomeriggio la vedova esce, per andare a Roma dall'avvocato. È più addolorata che arrabbiata: «Me l'hanno ucciso, andrò avanti se ce la farò», dice.
I vicini non riescono ancora a credere che Luigi non ci sia più: «Ci siamo incontrati un paio di giorni prima che si togliesse la vita - racconta un amico - e ci siamo fermati a chiacchierare come sempre, ma quel giorno non mi ha detto nulla, né aveva lasciato presagire questa tragedia». Due portoni più il là si affaccia un'altra vicina: «Quando la moglie l'ha trovato sono corsa e l'ho sentita dire tra le lacrime che era stato per colpa della banca».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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