8 domande sul voto

Otto domande e otto risposte per cercare di orientarci in una delle edizioni più folli delle elezioni presidenziali Usa

8 domande sul voto

Otto domande e otto risposte per cercare di orientarci in una delle edizioni più folli delle elezioni presidenziali Usa.

1 QUANDO CONOSCEREMO IL VINCITORE?

Potremmo dovere attendere fino a domani, giorno in cui si dovrebbe terminare lo scrutinio dei circa 65 milioni di voti giunti per posta, più di un terzo del totale. Potrebbe però non essere necessario aspettare così a lungo se uno dei due candidati dovesse raggiungere prima i 270 voti dei grandi elettori necessari per il quorum.

2 QUAL È LA FORMULA DELLA VITTORIA?

Come detto vince quello dei due candidati che ottiene almeno 270 voti dei grandi elettori, la maggioranza dei 538 voti complessivi. Ogni Stato ha un numero di grandi elettori proporzionale al numero di abitanti (la California ne ha 55, il Texas 38, New York e Florida 29, Illinois e Pennsylvania 20 e giù fino a otto stati con solo 3 grandi elettori: Montana, Delaware, Sud Dakota, Alaska, Nord Dakota, Vermont, District of Columbia e Wyoming). Alle 21 di ieri il più vicino al traguardo era Joe Biden, con 248 voti, mentre Trump ne aveva 214. Al candidato democratico servono 22 voti, che potrebbe ottenere in Michigan (16) e in Nevada (6), dove è in vantaggio. Nevada peraltro dove il conteggio dei voti è stato sospeso e riprenderà oggi. Trump punta invece a incassare Pennsylvania (il più grande degli Stati in bilico con 20 grandi elettori), Georgia (16), Nord Carolina (15) e Alaska (3): 54 voti che lo porterebbero solo a quota 268. In questi Stati è in vantaggio, ma per lui è necessario strappare almeno un altro Stato al rivale.

3 PERCHÉ QUESTI RITARDI?

Le lungaggini sono dovute alle difficoltà nello spoglio dei voti arrivati per posta e dei differenti metodi utilizzati nei vari Stati per scrutinarli.

4 CHE COS'È IL VOTO POSTALE?

È uno strumento che 34 dei 50 Stati americani consente di utilizzare agli elettori che non vogliano recarsi al seggio. Quest'anno il timore della pandemia ha aumentato il numero degli americani che vi ha fatto ricorso, rendendolo un fattore decisivo. E un'incognita poco amata da Donald Trump, visto che per tradizione a scegliere di votare per corrispondenza è soprattutto l'elettorato democratico.

5 A PROPOSITO DI TRUMP, PUÒ DAVVERO RIVOLGERSI ALLA CORTE SUPREMA?

Il presidente in carica ha messo le mani avanti, denunciando oscure manovre che avrebbero «sospeso un grande successo» e ha annunciato ricorsi. Non è detto che però alle consuete sparate seguano i fatti, soprattutto se alla fine un'eventuale vittoria di Biden fosse netta.

6 È MAI SUCCESSO PRIMA CHE UN CANDIDATO FACESSE RICORSO ALLA CORTE SUPREMA?

Sì, nel 2000 fu George Bush a fare ricorso alla Corte Suprema per tutelarsi nell'infinito riconteggio dei voti in Florida, decisivi per il successo finale. Dopo più di un mese la Florida fu assegnata per appena 537 voti di vantaggio a Bush junior, che divenne presidente. Malgrado la vicenda fosse tutt'altro che chiara, lo sfidante democratico Al Gore - che era a un passo dal trionfo - evitò di proseguire nei ricorsi per evitare una crisi costituzionale.

7 CHE COSA SUCCEDE AL SENATO?

Oltre che per il presidente, gli americani sono stati chiamati anche a rinnovare un terzo del Senato, il più importante dei due rami del Parlamento composto anche dalla Camera dei rappresentanti, perché vanta competenze esclusive come la nomina dei giudici federali. È stato il Senato a obliterare la decisione di Trump di piazzare l'ultraconservatrice Amy Coney Barrett al posto dell'icona democratica Ruth Bader Ginsburg, morta lo scorso 18 settembre. Il Senato è composto da 100 membri e si rinnova ogni due anni per un terzo dei suoi componenti. Per tutto il 2020 conta 53 membri repubblicani e 47 democratici, ma i nuovi innesti, che entreranno in carica a gennaio 2020, potrebbero invertire l'equilibrio. Nel tardo pomeriggio di ieri la situazione era in bilico, con alcuni siti che davano una situazione di parità (47-47) e altri che segnalavano i repubblicani avanti 47-46. I sei o sette seggi ancora incerti decideranno chi comanderà in Senato per i prossimi due anni.

8 C'È UN RISCHIO DI INGOVERNABILITÀ PER LA FUTURA AMMINISTRAZIONE?

Naturalmente tutto dipende dai risultati combinati delle presidenziali e del Senato. Un presidente che si trovi a governare con un Senato di segno diverso dà origine alla cosiddetta «anatra zoppa». Anche Trump ha conosciuto questa anomalia negli ultimi due anni del suo mandato, dopo che nelle elezioni di medio termine del 2018 il Congresso è diventato a maggioranza democratica.

Una situazione non agevole, ma che non ostacola del tutto l'attività di governo. Semmai per Biden, qualora vincesse lui, il problema sarebbe una Corta Suprema guidata dei conservatori e in grado di frenarne continuamente l'azione.

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