Cronache

Suocero violentò la nipote: 20 anni al papà giustiziere

Condannato il padre della bambina. L'ipotesi che abbia attirato lo stupratore in una trappola

Suocero violentò la nipote: 20 anni al papà giustiziere

Milano - Condannato in abbreviato a vent'anni di carcere per omicidio volontario premeditato dopo che la Procura aveva chiesto l'ergastolo, sia per lui che per il complice. Un equilibrio difficile, ricavato da un bilanciamento di equivalenze tra attenuanti e aggravanti - premeditazione e recidiva reiterata - quello raggiunto ieri mattina dalla giustizia umana su un «dio minore». Sul banco degli imputati c'era infatti un pregiudicato 36enne di origini siciliane. Undici mesi fa l'uomo ha ammazzato il suocero che era convinto avesse molestato la giovanissima figlia, nipotina del morto. Diciotto anni di detenzione invece è la pena toccata, sempre ieri, al 28enne incensurato che aveva accompagnato l'assassino in scooter sul luogo dell'omicidio, limitandosi però a guidare il mezzo.

Spieghiamo. Nel tardo pomeriggio del 25 febbraio scorso il killer eliminò con quattro colpi di pistola il suocero di 63 anni nel parcheggio del centro commerciale «Il Gigante» di Rozzano, comune a sud di Milano. Una vicenda a dir poco burrascosa visto che la vittima era un nonno che il genero e tutta la sua famiglia ormai da un po' consideravano un vero e proprio orco al punto da isolarlo come un reietto e indurlo a non muoversi da Napoli, dove l'anziano risiedeva. Un anno e mezzo prima dell'omicidio, nel settembre 2016, infatti, erano venute alla luce (con successiva denuncia) le presunte violenze sessuali dell'anziano sulla nipotina che allora aveva appena 6 anni, figlia del 35enne e della sua ex compagna, primogenita della vittima. Proprio la mattina del delitto inoltre la bambina era stata ascoltata in tribunale a Milano dal gip nella formula dell'incidente probatorio, confermando gli abusi subiti dal nonno e quanto già fatto mettere a verbale in una precedente audizione protetta.

«Meritava di morire, quando l'ho visto ho avuto un blackout improvviso e ho sparato», aveva spiegato dopo l'arresto, il giorno successivo l'omicidio, il 36enne ai carabinieri, sostenendo quindi di aver agito senza premeditazione: non un agguato, quindi, bensì una reazione istintiva alla vista dell'odiato suocero, colpevole di aver abusato di sua figlia.

Tuttavia gli investigatori, coordinati dal procuratore aggiunto Letizia Mannella e dal pm Monia Di Marco, in questi mesi hanno indagato sull'ipotesi di una trappola per attirare alle porte di Milano il 63enne. Il raid contro di lui, arrivato a Rozzano da Napoli il giorno prima e ospite di uno dei figli, era scattato meno di due ore dopo la fine dell'audizione della bambina. Per mesi l'uomo non era uscito dai confini della Campania. Cosa lo aveva spinto a venire al Nord, nei giorni in cui era stato fissato l'incidente probatorio? Aveva ricevuto garanzie, rivelatesi false, sulla sua incolumità?

La madre della bimba ed ex compagna del killer intanto si è costituita parte civile nel processo contro i due imputati, chiedendo un risarcimento simbolico di 1 euro. Attraverso il suo legale, Lara Benetti, la donna aveva spiegato infatti di voler prendere le distanze dal gesto compiuto dal suo ex compagno perché era sempre stata convinta che ci fossero altri modi per avere giustizia: «Contro mio padre ho intrapreso un percorso nelle normali sedi giudiziarie». Quanto all'entità della condanna (20 anni anziché l'ergastolo chiesto dall'accusa), il legale ha chiarito che la sua assistita «non ha mai nutrito propositi di vendetta nei confronti dell'ex».

Il pm aveva chiesto la condanna all'ergastolo soprattutto alla luce delle versioni dei fatti fornite dall'imputato. Il giudice ha concesso le attenuanti che per l'accusa killer e complice non meritavano.

Intanto, però, la verità non la sapremo mai.

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