Il taglio dei soldi alle periferie ora agita i sindaci gialloverdi

Mille i Comuni colpiti. Dal grillino Nogarin a Livorno al leghista Conte a Treviso, fronte pronto alla rivolta

Il taglio dei soldi alle periferie ora agita i sindaci gialloverdi

Il congelamento dei fondi per il «Bando periferie», votato al Senato con un emendamento del decreto Milleproproghe, rischia di aprire una crepa interna al fronte gialloverde. Dopo le proteste dell'Anci e delle opposizioni, stanno cominciando a farsi sentire anche i sindaci di Lega e M5s. Filippo Nogarin, sindaco grillino di Livorno, non ci sta a perdere 18 milioni di euro per alcuni importanti progetti di riqualificazione. Il primo cittadino dice di star facendo «avanti e indietro da Roma». E spiega: «La responsabilità di questo pasticcio è tutta del governo precedente che ha scritto male una norma fondamentale». Nogarin, però, non si sottrae alla polemica: «Si è cercato di metterci una toppa, ma il correttivo è stato anche peggiore».

Tiene il punto Antonio Decaro, sindaco Pd di Bari e presidente dell'Anci: «La questione si potrebbe risolvere nell'ambito di una Conferenza Unificata - ha scritto giovedì in una lettera inviata al premier Giuseppe Conte - l'eventualità di un'illegittimità a seguito dell'assenza di un passaggio con le Regioni riguarderebbe eventualmente solo 800 milioni, che vengono dal Fondo per lo Sviluppo e la Coesione».

In Veneto è forte l'irritazione dei sindaci leghisti, o comunque a capo di amministrazioni che vedono il Carroccio in maggioranza. Una delle vittime illustri del Milleproroghe è Venezia. La città lagunare vede andare in fumo 51 milioni di euro, destinati sia al Comune sia alla Città Metropolitana. Luigi Brugnaro, civico eletto con una coalizione di centrodestra, annuncia un ritorno anticipato dalle vacanze e attacca il governo: «Vista la gravità di quanto accaduto, ho deciso di interrompere le mie ferie qualche giorno prima per seguire la questione più da vicino, cercando un fronte comune con gli altri sindaci dei territori». Il primo atto della ribellione è un incontro urgente tra tutti i primi cittadini coinvolti, convocato il 14 agosto proprio nel capoluogo veneto.

Il decreto a settembre dovrà essere approvato dalla Camera, Brugnaro auspica un ripensamento: «Spero non sia la scelta definitiva e che nel passaggio alla Camera il testo del decreto, magari con un emendamento dello stesso governo, possa essere corretto». Poi snocciola una serie di cifre: «Conti alla mano, il provvedimento coinvolge 1000 amministrazioni locali con oltre 25 milioni di cittadini, per un totale di 4,1 miliardi di investimenti». Da Vicenza si lamenta il sindaco Francesco Rucco, indipendente sostenuto dal centrodestra: «Abbiamo presentato tutti i progetti per 18 milioni di euro, i lavori sono già partiti, per alcune opere abbiamo già incassato il 20%, la nostra preoccupazione è che ci chiedano la restituzione delle somme. Ecco perché il problema è trasversale». Federico Sboarina, sindaco di Verona appoggiato da Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia, precisa: «Abbiamo 18 milioni che ballano. Per noi sono risorse importanti. Mi sono sentito con i sindaci di Venezia, Padova e Treviso. Ci vedremo nei prossimi giorni». La circostanza è confermata dal leghista Mario Conte, primo cittadino di Treviso, che aggiunge: «14 milioni di investimento nel territorio sono importanti, per questo vogliamo lo sblocco dei fondi».

Sono controversi invece i casi di Roma e Torino, due Comuni guidati dal M5s. Virginia Raggi rassicura i romani: «In Italia 96 comuni sono sul piede di guerra per il blocco dei fondi alle periferie? Noi avremo i nostri 18 milioni per tre progetti importanti».

E a Torino la mannaia dovrebbe interessare solo interventi sul trasporto pubblico tra il capoluogo e 11 comuni dell'hinterland. Per la viceministra grillina all'Economia Laura Castelli i progetti presentati dal Comune, ora guidato da Chiara Appendino, sono salvi.

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