Il talento di Mister Renzi per scegliersi i nemici giusti

Dalla Merkel alla Rai ai burocrati Ue, ecco tutti i bersagli che portano consenso

Il talento di Mr. Renzi. Un ceffone per uno, al momento giusto. Saper scegliere il tempo, ma prima ancora i nemici, punching ball da colpire per prendere punti (percentuali). Un'arte, una scienza nelle mani dell'ex rottamatore fiorentino diventato segretario e premier grazie ai suoi nemici, scelti sempre con diabolica astuzia. Più sono impopolari loro, e più diventa popolare lui a forza di martellarli. Ha fatto carriera così, da amministratore locale tra altri mille (alla Provincia di Firenze, neanche sindaco ancora...), venuta a galla perché si è fatto ottimi nemici nel partito, la vecchia ditta, collezionisti di flop, venuti a noia alla stessa base Pd. Appena Renzi l'ha capito ci si è avventato, prendendo di mira, come simbolo del vecchiume, Massimo D'Alema. Che se ne rammaricò («Il vero cavallo di battaglia Renzi, che di idee nuove ne ha proposte pochissime, è continuare ad attaccare me!»), prima, però, di dover cercare i giardini per portarci a spasso il cane. Fatti fuori i vecchi arnesi Pd, e liquidato in fretta il loro nipotino Enrico Letta, Renzi si è ritrovato premier. Si è affacciato a Palazzo Chigi e ha cercato i nuovi nemici, sempre pescando nella top ten dell'antipatia nazionale. Chi c'è in testa? La Merkel? E lui, parvenu della scena internazionale, le rifila subito una gomitata nei fianchi: «L'Italia deve uscire dalla sudditanza piscologica per cui andiamo in Europa a fare gli esami, nessuno deve avere la matita rossa e blu». E quando serve una battuta per attirare consensi, Renzi si ricorda sempre che la Germania c'è («Trattate gli altri come studentelli», «Se la Bundesbank pensa di farci paura ha sbagliato governo» e via così).

Chi altri c'è nella lista, nemici da augurare a chiunque cerchi voti? I sindacati, vecchi e inutili persino per un elettore di sinistra su due (sondaggio). E Renzi li ha presi a sberle, a iniziare dalla Cgil una volta costola del Pd: «L'unica azienda al di sopra dei 15 dipendenti che non ha l'articolo 18 sa qual è? Il sindacato, che poi ci viene a fare la lezione!», fino ad una sorta di bestemmia: «Il sindacato ha contribuito al precariato». Gioco, partita, incontro. E la Rai, con i suoi sprechi e cachet milionari, quanto è amata dagli italiani? A giudicare da Renzi, che se a Viale Mazzini ha tagliato 150 milioni di euro, si direbbe poco. «Se chiediamo sacrifici ai cittadini è giusto che li faccia anche la Rai, che non è dei conduttori o dell'Usigrai, ma dei cittadini». Anche qui, strike.

Saper scegliere il nemico giusto, e poi picchiare. I banchieri, le grandi imprese, i «poteri forti», anche in classifica dell'impopolarità. Ed ecco Renzi che da premier sraccia l'invito a Cernobbio, salotto industriale in doppio petto, e si presenta nella fabbrica di rubinetti, dopo aver sparato a pallettoni sui «soliti noti, quelli che vanno in tutti i salotti buoni a concludere gli affari di un capitalismo di relazione ormai trito e ritrito». Colpo facile, e furbo (anche Renzi, quanto a relazioni e salotti, non scherza), ma impeccabile. Filotto e pallino. Poi arrivano le Regioni dei rimborsi per le cene di pesce e delle sedi inutili. Il primo che le attacca vince, e Renzi parte in quarta: «Non ci prendiamo in giro, se vogliamo ridurre le tasse tutti devono ridurre spese e pretese».

E sempre ai vertici dell'insofferenza popolare, i burocrati di Bruxelles, nemici ideali che Renzi assume al volo: «Basta lettere segrete, è il momento della trasparenza! Pubblicheremo tutti i dati su quanto si spende in palazzi europei, sarà molto divertente». Chi trova un nemico trova un tesoro.

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