Lettere d'amore

"Tanto per te i corpi sono tutti relativi"

La risposta di Licia Troisi alla lettera che Albert Einstein scrisse a sua moglie

"Tanto per te i corpi sono tutti relativi"

Caro Alby (mi perdonerai se, nonostante tutto, ti chiamo ancora così),

Èccheè! A questo punto siamo arrivati? Lasciami dire che la tua lettera, o forse dovrei chiamarlo ultimatum, mi ha lasciata stupita, amareggiata, e, francamente, pure un po' incazzata. Scusa, eh, ma sembra più il contratto per una serva che una lettera per una donna con la quale si suppone tu abbia condiviso qualcosa, non ultimo tre figli! Non capisco tutto questo livore, francamente; ma ce l'hai ancora con me per quella volta che t'ho messo a posto gli appunti? Scusa, ma c'era un dito di polvere sulla tua scrivania! Ti avevo anche pregato di mettere a posto, di fare qualcosa, ma tu niente; che dovevo fare? Ho rassettato! Dovresti pure essere contento, vista la puntigliosità con la quale mi chiedi - quasi mi ordini! - di farti da brava mogliettina, stirarti le camicie e cucinarti. Cosa che peraltro ho sempre fatto con solerzia e puntualità, e anche con affetto, oserei aggiungere. Mia madre, buon'anima, mi ha cresciuta come si deve. E tu invece no: e "mi hai scompaginato tutto, e adesso come faccio, mesi di lavoro buttati, cretina" - sì, è inutile che neghi, mi hai chiamata così. E non c'era neppure bisogno di gridare, quando ti ho fatto notare che quella roba, lì, quella che c'era nei tuoi appunti - mi pare tu la chiami costante cosmologica - secondo me era un bella idea e non capivo perché l'avevi cancellata. Anzi, te lo ripeto, io la terrei, il mio istinto di donna mi dice che ti tornerà utile più in là.

Comunque, se davvero vuoi che del nostro matrimonio restino solo le apparenze, e sia. Rinuncio volentieri alla tua "intimità"; capirai, sei sempre immerso nei tuoi calcoli, e se non sei impegnato con la fisica suoni quello stramaledetto violino... sì, sai tenere il tempo, lo ammetto, ma per il resto... e che gran privilegio era star seduta con te a guardarti lavorare, scribacchiare, buttare giù conti su conti. E stai tranquillo, sto già zitta quando me lo chiedi. Non funziona sempre così? Io ti chiedo una cosa, così, per fare conversazione, e tu sbotti che non ti torna il tensore, che quella derivata lì non funziona, e stai zitta cretina - ancora. Per tacere della tua amicizia con quel tizio, Grossman, con cui passi più tempo che con me.

No, guarda, più ci penso più mi sale il nervoso. Aveva ragione la mia mamma, buon'anima: lascialo stare quello, diceva, quello è uno per cui tutto è relativo!

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