Il Tar impallina i cacciatori: vietato usare i cellulari

Respinto ricorso sul regolamento emiliano: "I telefoni aiutano a cercare le prede". Le doppiette: scioperiamo

Il Tar impallina i cacciatori: vietato usare i cellulari

A caccia, ma senza telefonino: facilita la ricerca degli animali. Non se l'aspettavano, i cacciatori, di essere impallinati dal Tar dopo essere stati braccati dalla Regione. Il calendario venatorio adottato in Emilia Romagna dalla giunta Bonaccini prevede, nascosto tra le pieghe dell'ultimo articolo, il divieto di impiego «di strumenti di comunicazione radio o telefonica nell'esercizio dell'azione di caccia», eccezion fatta «nei casi in cui risulti di primaria importanza tutelare la salute personale». Perché il codicillo sparisse s'erano ribellati. Avevano raccolto 10mila firme. Ma non è bastato. Riuniti sotto le bandiere di Federcaccia hanno allora chiesto giustizia ai giudici. E sono finiti nel paniere, manco fossero selvaggina. Diventando però un caso: nel mondo l'uso dei cellulari è sempre più libero. Si continua a non poterli utilizzare al volante, ma a bordo degli aerei, ad esempio, la musica è cambiata: sono già decine i velivoli delle flotte Emirates e Ryanair sui quali, sia pur a prezzi non proprio popolari, è possibile telefonare ed inviare sms. E in Italia lo smartphone si appresta ad entrare ufficialmente anche in classe: bandito da una circolare ministeriale risalente al 2007, sarà ammesso quanto prima nelle scuole, come annunciato di recente dal sottosegretario Davide Faraone: «Il governo sta investendo sulla digitalizzazione. Vietare l'uso di qualsiasi dispositivo durante le lezioni è quasi una contraddizione».

Sull'anacronismo della norma contestata contavano del resto i legali delle doppiette per veder cadere l'inibizione all'utilizzo dei cellulari durante la caccia. «Non si capisce perché debba essere interdetto l'uso di dispositivi ormai comuni, dato che l'unica spiegazione plausibile, cioè la possibilità di impiegarli come richiami, è sancita da altra legge», la motivazione principale del ricorso presentato. Ma i giudici non hanno voluto sentire ragioni. «È notorio ha risposto il Tar di Bologna che degli strumenti di comunicazione radiotelefonici ci si possa avvalere per agevolare la ricerca della fauna selvatica e per azioni di caccia congiunta». Una telefonata sarà possibile, «per riferire ad un familiare o amico un ritardo», la sottolineatura del Tar, ma non nel momento in cui «il cacciatore stia esercitando attività venatoria».

Le doppiette, ferite nell'orgoglio delle libertà civili dall'animalismo della magistratura, non l'hanno presa bene. «Siamo disposti a stare un anno senza andare a caccia. Voglio vedere quando non entreranno nelle casse tutti i soldi che paghiamo», sbotta Nevio Canaletti, presidente di «Libera Caccia», sparando qualche cifra, certo non a caso: «Fra licenza di caccia, assicurazione, tasse governative e regionali precisa - spendiamo annualmente non meno di 600 euro a testa». Prossimo passo, nuovi ricorsi.

Stavolta all'autorità delle telecomunicazioni ed al garante della privacy. Poi, per protesta contro lo Stato esattore, cacciatore dei cacciatori, scatterà lo sciopero. Venatorio e fiscale. Totale, selvaggio. Senza alcun preavviso. Neppure una telefonata.

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