Il Tar smentisce la questura: "I no borders non vanno allontanati da Ventimiglia"

La decisione del Tar della Liguria riguarda due ragazze che stavano dando consulenza legale a dei migranti che si trovavano a Ventimiglia. Secondo la questura erano pericolose per "la sicurezza pubblica"

Il Tar smentisce la questura: "I no borders non vanno allontanati da Ventimiglia"

“La solidarietà non solo è un diritto ma è un dovere inderogabile dei cittadini”. Esultano gli avvocati delle due attiviste ‘No borders’, accusate di essere “pericolose per l’ordine e la sicurezza pubblica”, dopo che il Tar della Liguria ha annullato il provvedimento del Questore di Imperia che aveva imposto per loro il rimpatrio obbligatorio.

Le due ragazze cercavano di dare aiutare legali ai migranti in transito verso la Francia alla frontiera di Ventimiglia. Erano accusate di “muoversi a bordo di un’autovettura con l’intenzione di raggiungere una manifestazione composta da migranti” e di “trovarsi presso l’oratorio della chiesa di San Nicola” insieme ad alcuni migranti che si nascondevano per evitare i trasferimenti forzati. Oltre a loro, come ricorda ilfattoquotidiano.it che si era occupato della vicenda, c’erano altri ‘no borders’, tra cui uno che, la sera prima, aveva danneggiato un’auto. Furono questi i motivi che portarono il questore a imporre a queste ragazze allontanamento di tre anni non solo da Ventimiglia, ma anche da cinque comuni limitrofi a causa della loro “manifesta pericolosità per la sicurezza pubblica”. Il movimento no borders era, poi, definito come “sodalizio noto per agire in totale spregio delle leggi dello Stato”.

Secondo i giudici del Tar, però, tale sentenza va in contrasto con il principio di proporzionalità sia nello spazio che nel tempo e mina il diritto alla “libertà di circolazione”. Vengono giudicati eccessivi anche i 3 anni di allontanamento e si contesta anche l’allontanamento dai comuni limitrofi a Ventimiglia dove le due attiviste non sono mai state. I giudici ritengono, inoltre, che dietro questi fogli di via si nasconda il “dissimulato scopo di contrastare le attività solidaristiche del cosiddetto movimento no borders”.

La questura di Imperia, infine, avrebbe “omesso la doverosa comunicazione di avvio del procedimento”, senza neppure fornire le “necessarie e gravi motivazioni” che giustificherebbero questa omissione e pertanto il Ministero dell’Interno è stato condannato al pagamento delle spese processuali pari a 800 da rimborsare a entrambe le ragazze.

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