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Tesla trasferita in Texas. Musk sfida i petrolieri (e così sgambetta Biden)

Il quartier generale lascia la California: colpo ai liberal e assist allo Stato più ostile al leader

Tesla trasferita in Texas. Musk sfida i petrolieri (e così sgambetta Biden)

Il dado è tratto, Tesla trasloca e lascia la storica sede di Palo Alto per trasferirsi ad Austin dove aprirà una grande fabbrica. Addio alla Silicon Valley, alla California green e progressista per il Texas petrolifero e ultra conservatore. Una decisione a lungo rimandata ma divenuta inevitabile dopo la durissima sentenza del tribunale federale di San Francisco che ha comminato all'azienda una mega multa di 136,9 milioni di dollari per aver chiuso occhi e orecchie sui trattamenti «razzisti» subiti da Owen Diaz, un operaio afro americano indispettito dagli scherzi (certamente di cattivo gusto) dei suoi colleghi.

Troppo però per Elon Musk, il re delle auto elettriche attualmente, secondo le stime di Bloomberg, l'uomo più ricco del mondo. Traboccata l'ultima goccia nell'ultimo vaso, lo scorso giovedì il Ceo di Tesla ha annunciato all'assemblea degli azionisti lo scorso giovedì: «Poiché non possiamo ingrandirci nella baia di San Francisco, sono felice di annunciarvi il trasferimento del nostro quartier generale a Austin».

Del resto è noto e risaputo che la California gli andava stretta da tempo: troppi lacci e laccioli per di più inaspriti durante la pandemia dalle severe restrizioni imposte dallo Stato. Norme che Musk ha aspramente criticato pubblicamente suscitando una serie di infuocate polemiche. Clamoroso a marzo 2020, in pieno lockdown, fu il suo rifiuto di bloccare la linea di produzione Freemont come ordinato dal sceriffo della contea di Alameda. Dopo una serie di schermaglie giuridiche, Musk perse la pazienza e l'11 maggio 2020 riaprì gli impianti: «Tesla sta riprendendo la produzione oggi contro le regole della contea. Sarò in linea con tutti gli altri. Se qualcuno verrà arrestato, chiedo che sia solo io». Parole durissime a cui è seguita l'ennesima causa.

Dunque basta California e rotta verso il Texas, terra decisamente più accogliente dove non a caso il geniale imprenditore sudafricano naturalizzato americano ha già installato la base di Space X, la sua società di voli commerciali nello spazio e dall'anno scorso ha fissato la propria residenza privata.

Ora il salto decisivo: oltre ai nuovi impianti per pick up Cybertruck e le berline Modello 3 e Modello Y in costruzione presso Austin una vera e propria gigafactory che impiegherà 5000 dipendenti, estesa su 85 ettari per un investimento di 1,1 miliardi di dollari il megamiliardario vuole costruire nella contea di Cameron, inglobando il villaggio di Boca Chica dove è operativo il sito di lancio di Space X, una sua città «privata». Il nome è già un programma: Starbase.

La decisione di Musk ha fatto scalpore anche per altri motivi. Da tempo il super conservatore Texas è nel mirino dei liberal democratici e dell'amministrazione Biden e molte delle grandi società statunitensi hanno apertamente criticato il governo locale per l'introduzione di una legge particolarmente severa sull'aborto al punto che il gigante dell'informatica Salesforce ha offerto facilitazioni e aiuti ai suoi impiegati desiderosi di spostarsi in altri Stati dell'Unione.

Preoccupazioni che non toccano di certo il patron di Tesla che invece, come Oracle e Hewlett Packard Enteprise (trasferitisi nel 2020), è molto attento ai ghiotti benefici fiscali texani: lo Stato ha le tassazioni quasi inesistenti per i redditi personali alti e, tramite il Texas Economic Development Act, offre condizioni estremamente vantaggiose agli investitori. Dulcis in fundo, i conservatori texani, in netto contrasto con la linea della Casa Bianca, hanno rimosso da tempo tutte le limitazioni legate alla pandemia.

Una scelta che Elon non può che apprezzare.

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